Della serie: prima ti escludo, poi ci ripenso. Perché non ci sono provvedimenti disciplinari dietro all’allontanamento del gruppo di Zalewski nella Roma o Mario Rui nel Napoli, ma mere logiche di calciomercato. Che quest’anno più che mai di logico ha avuto ben poco. Ma si deve procedere con ordine. Per entrambi gli esterni si era fatto avanti il Galatasaray. Fuori tempo massimo per il mercato italiano, ma assolutamente nei limiti legittimi del mercato turco: erano considerati esuberi o comunque giocatori sacrificabili ai fini del bilancio dalle rispettive squadre e potevano serenamente trattare con terze parti. Cosa che è successa.

Solo che nel frattempo, proseguiva il campionato in Italia e sia De Rossi sia Conte avevano deciso di mettere i due giocatori fuori rosa. Non senza qualche strascico polemico, ma tant’è. Soprattutto per il primo, che ora il nuovo allenatore, Ivan Juric, sta cercando di far reintegrare definitivamente: ha il contratto in scadenza nel 2025 e, testuale, “in quel ruolo può farci molto comodo”. Come a dire: ma cosa state facendo?

Un po’ diversa è stata la situazione di Mario Rui. Già a inizio estate, ma con toni molto pacati, il suo agente aveva fatto capire che avrebbe preferito cambiare squadra e la società non si era opposta. Ora però, a conti fatti, ha chiesto di poter essere reintegrato, per poter essere comunque allenato e soprattutto a ritmo partita, in caso di chiamate future. La risposta del Napoli? Ci sta pensando, molto seriamente. Ed è propensa ad accettare. È successo tutto ieri, 24 settembre: sia per Mario Rui, sia per Zalewski, curiose coincidenze di dinamiche quasi uguali.

Uno scenario che quest’estate proprio con Conte a Napoli si è visto a più riprese. Il primo caso è chiaramente quello di Osimhen, che proprio a inizio settembre si è trasferito in Turchia (toh, proprio al Galatasaray): a un certo punto di agosto si stava anche pensando di reintegrarlo e farlo giocare insieme a Lukaku; poi le dinamiche sono cambiate e si stava quasi andando allo scontro. Un po’ come con Folorunsho, che era rientrato dal prestito al Verona, aveva addirittura rinnovato fino al 2029 ma era finito fuori rosa per qualche incomprensione con Conte. La Lazio lo voleva, non se ne è fatto nulla e alla fine è tornato a giocare contro la Juventus. Diverso è stato il caso di Cheddira, che da fuori rosa è stato poi ceduto all’Espanyol: sembrava potesse piacere al nuovo allenatore, è stato invece messo ai margini prima di essere ceduto.

E a proposito di Juventus, il caso di mercato c’è stato eccome anche in bianconero. Basti pensare a McKennie, che a inizio giugno è stato tenuto fuori rosa per poi cambiare tutto ad agosto, con il reintegro, il prolungamento fino al 2026 e addirittura la titolarità (con gol) in Champions contro il Psv. E ora resta da capire la situazione legata ad Arthur, che come McKennie e molti altri ha fatto parte della lunga lista dei fuori rosa di Motta.

La situazione, in generale, è abbastanza chiara: le rose sono extralarge, i giocatori in esubero diventano tanti e metterli ai margini non sta diventando nemmeno più l’ultima spiaggia. O un provvedimento disciplinare. Ma non sempre la cessione riesce e le dinamiche cambiano, anche in maniera un po’ surreale. Gestirla in via mediatica? Non si può: resta quasi tutto sotto un silenzio che vale più di mille parole. E dimostra come le linee del mercato non siano quasi mai coerenti. Almeno, non in questi casi.

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