Media & Regime

Cda Rai, M5s e Avs rinunciano all’Aventino: in Aula per il voto. Il Pd non parteciperà. Fi annuncia che sarà incardinata la riforma

A meno di 24 ore dal voto sui consiglieri del cda Rai in Parlamento, M5s e Avs hanno annunciato che saranno in Aula per esprimere la propria posizione. Il Pd, che invece ha spinto in questi giorni perché le nomine fossero rinviate per permettere la riforma di viale Mazzini, dopo l’assemblea dei gruppi di Camera […]

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A meno di 24 ore dal voto sui consiglieri del cda Rai in Parlamento, M5s e Avs hanno annunciato che saranno in Aula per esprimere la propria posizione. Il Pd, che invece ha spinto in questi giorni perché le nomine fossero rinviate per permettere la riforma di viale Mazzini, dopo l’assemblea dei gruppi di Camera e Senato ha deciso che non parteciperà al voto. La seduta sarà a Montecitorio alle 9.30 del 26 settembre. Proprio l’intervento per le nomine della governance in trasparenza è richiesto dall’European Media Freedom Act, approvato nei mesi scorsi da Bruxelles: l’Italia deve adeguarsi entro agosto 2025 per rimediare a un sistema di scelta che è diventato illegale, secondo la legge Ue, a causa dell’ingerenza dei partiti. Intanto un segnale è arrivato da Forza Italia: il senatore Claudio Fazzone ha annunciato che, martedì primo ottobre, in commissione a Palazzo Madama saranno incardinati tutti i disegni di legge che riguardano la riforma della Rai.

Le opposizioni: Aventino sì o no? – I primi a far sapere che saranno in Aula regolarmente per il voto sono stati i parlamentari del Movimento 5 stelle. “La suggestione che viene diffusa da alcuni organi di stampa”, si legge in una nota, “di disertare le aule in occasione del voto dei consiglieri di nomina parlamentare, è stata respinta dall’Assemblea dei parlamentari del M5s, in considerazione del fatto che appare contrario all’interesse pubblico lasciare il cda nelle mani dei soli consiglieri designati dalle forze di maggioranza, rinunciando così le forze di opposizione a esercitare le funzioni di vigilanza, di controllo e di garanzia di pluralismo in un momento estremamente delicato per il Servizio Pubblico”. Poco dopo si è schierata anche Avs: “Non lasciamo che quel presidio sia messo a disposizione per rafforzare Meloni, quindi ci saremo anche noi”, ha detto il deputato di Avs e portavoce dei Verdi, Angelo Bonelli. “L’incardinamento” della riforma “che è stato avviato dalla Commissione e dal Senato è un risultato che abbiamo ottenuto. Avevamo sempre detto: subito la riforma. Penso che quello che dobbiamo ottenere lo abbiamo ottenuto. E questo è un voto parlamentare”.

Schlein: “Prima la riforma” – In serata è arrivata la decisione del Pd, dopo la riunione dei gruppi. “Oggi la maggioranza in vigilanza ha dichiarato di votare un Cda perché duri 3 anni: questo vuol dire che la riforma necessaria della Rai viene rinviata al 2000 e mai. A questo noi non ci pieghiamo”, ha dichiarato Elly Schlein al termine della riunione. “Il Pd in coerenza con quanto affermato in queste ultime settimane e mesi non parteciperà al voto per il rinnovo di un Cda che è già in scadenza perché per noi andava fatta prima la riforma per allinearci con il Media fredoom act che richiede che il servizio pubblico sia indipendente dalla politica e dai partiti”. “La necessità di questa riforma è stato riconosciuta anche dai leader della maggioranza e allora non si spiega perché abbiano forzato sul rinnovo de Cda se non per spartirsi tra loro dei posti come hanno sempre fatto da quando sono al governo”, ha concluso.

Le trattative – Già ieri 24 settembre, la maggioranza ha confermato in capigruppo al Senato la volontà di procedere con il rinnovo dei vertici di Viale Mazzini con lo schema ormai da tempo definito. Resiste, infatti, la candidatura per la presidenza di Simona Agnes, in quota Fi, che con ogni probabilità sarà fra i due consiglieri indicati dal Mef insieme a Giampaolo Rossi, destinato alla poltrona di amministratore delegato in quota Fdi. Dietro le quinte, però, gli emissari di Giorgia Meloni trattano con le opposizioni per un’intesa su un presidente di garanzia.

Al momento i numeri in Vigilanza per l’investitura di Agnes non ci sono. Al centrodestra mancano quattro voti per la maggioranza qualificata, tre considerando Mariastella Gelmini, nel gruppo Misto dopo l’addio ad Azione (in attesa del probabile approdo in Noi moderati), che non intende lasciare il posto in commissione. Una bocciatura, si ragiona nel centrodestra, non impedirebbe, però, di tentare poi un accordo con parti dell’opposizione, per provare ad arrivare al via libera nella seconda votazione, come accaduto nel 2018 per Marcello Foa, eletto dopo il ‘patto di Arcore’ tra Matteo Salvini e Silvio Berlusconi.

Comunque sarà significativo, sempre secondo quanto osservano fonti di maggioranza, il numero di voti a favore di Agnes al primo test in Vigilanza. E non si esclude che nel frattempo decolli una trattativa su un presidente di garanzia: il centrodestra per ora avrebbe escluso nomi considerati troppo vicini al centrosinistra, come Giovanni Minoli e Antonio Di Bella, e sarebbero in corso confronti su alcuni profili con emissari di Matteo Renzi.

Nel frattempo diventerebbe presidente pro-tempore il membro più anziano. Probabilmente Antonio Marano, indicato dalla Lega, in vantaggio su Alessandro Casarin. Fdi dovrebbe eleggere Valeria Falcone, anche se mantiene qualche chance Federica Frangi. Gli occhi sono però puntati sul Pd. I dem, dopo aver posto la riforma della governance come condizione per le nomine, stanno valutando come muoversi: l’assemblea congiunta dei gruppi di Camera e Senato è in programma stasera alle 20.30. Nella maggioranza sono convinti che alla fine Elly Schlein darà indicazione di partecipare alla votazione. Al momento, le opposizioni non hanno una linea condivisa.