Un’unità mobile per ogni capoluogo di provincia, servizi di riduzione del danno, drug checking e gruppi di auto-mutuo aiuto. La risposta della Regione Siciliana all’emergenza crack arriva nel pomeriggio di mercoledì 25 settembre, con l’approvazione di una norma che definisce le misure e disciplina l’assetto organizzativo sociosanitario regionale per la prevenzione, la cura e il contrasto alle dipendenze. Un provvedimento per il quale sono stati stanziati circa 11 milioni di euro, che però non soddisfa totalmente né le associazioni e neanche i partiti dell’opposizione. La norma, in ogni caso, è stata approvata all’unanimità dall’Assemblea regionale siciliana. Presente in aula pure il governatore Renato Schifani.

L’iter della norma – Nata anche grazie al lavoro di un gruppo di studenti di giurisprudenza, guidati dalla professoressa Clelia Bartoli, e supportata da diverse associazioni del settore, la legge colma un grave buco normativo, derivante dal mancato recepimento di norme nazionali (come la legge quadro sull’abuso da alcol 125/2001) e direttive europee (il piano d’azione Ue in materia di sostanze stupefacenti per il quinquennio 2021-2025) in materia di dipendenze. Il provvedimento prevede l’istituzione di servizi di drug checking e riduzione del danno, cioè programmi che puntano a ridurre le conseguenze negative tra i tossicodipendenti. Un decreto ministeriale aveva già ribadito, nel 2017, l’obbligo delle regioni nel recepire una serie di interventi tra i livelli essenziali di assistenza, ma la Regione Siciliana risultava ancora inadempiente.

Il provvedimento – La legge prevede la creazione di nuove unità mobili – almeno una per ogni capoluogo di provincia – composte da medici e assistenti sociali delle Asp, per intervenire direttamente sui luoghi del consumo. Luoghi, individuati anche su segnalazione dei Comuni, in cui è possibile stabilire un primo contatto di fiducia con i tossicodipendenti, distribuendo fogli informativi e materiale sanitario sterile (pipette, siringhe, preservativi) per un consumo più sicuro. Tra i servizi offerti da queste unità, anche la possibilità di effettuare test tossicologici e attività di drug checking per verificare la qualità delle sostanze psicoattive e la natura di eventuali sostanze di taglio. Sono previsti anche screening medici gratuiti, in particolare relativi alle malattie sessualmente trasmissibili.

L’aiuto degli ex tossicodipendenti – L’Assessorato della Salute si impegna inoltre nel garantire la presenza diffusa di comunità a doppia diagnosi e di un Centro di pronta accoglienza (o centro di crisi) per ogni provincia.Tra le altre novità della normativa, l’introduzione della figura dei peer specialist, cioè “soggetti formati dall’esperienza” (ex tossicodipendenti), e la creazione di gruppi di auto-mutuo-aiuto, sia tra persone con dipendenza che tra i loro familiari. Diverse anche le attività previste per il reinserimento nel mondo del lavoro. Agli istituti penali, invece, saranno destinate diverse equipe di medici specializzate nella presa in carico del consumatore di sostanze, al fine di garantire un percorso assistenziale adeguato, sia all’interno dei penitenziari che nelle fasi successive. Saranno stipulati accordi con strutture private per ampliare la rete di accoglienza e supporto ai tossicodipendenti e, per i casi meno gravi, saranno attivati centri gestiti da enti del terzo settore.

I tavoli e le reti – Tra le principali novità della nuova normativa, l’istituzione – a titolo gratuito – di tre diversi tavoli. Entro due mesi dall’entrata in vigore della legge, si formerà un comitato specializzato in materia di dipendenze: il Crid (comitato regionale di indirizzo sulle dipendenze). Presieduto dal Presidente della Regione, o da un suo delegato, il Crid vedrà riuniti i tre assessorati coinvolti dalla normativa: l’Assessorato per la Famiglia, le Politiche sociali e il Lavoro, l’Assessorato per la Salute e l’Assessorato per l’Istruzione e la Formazione professionale. Il Crid si occuperà di progetti di studio e ricerche sul fenomeno delle dipendenze e dell’individuazione di immobili, di proprietà della Regione, da assegnare ad attività di prevenzione, riduzione del danno, trattamento e cura delle dipendenze. Entro tre mesi, il Dipartimento per le Attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico dell’Assessorato della Salute costituirà il Tavolo regionale di ricerca e coordinamento partecipato in ‘area dipendenze’ (TaRCoPaD) che collaborerà con il Tavolo tecnico regionale, già attivo dal 2023. Entro quattro mesi, verrà costituita la Rete regionale diffusa sulle dipendenze (RReDD) per consentire il monitoraggio, la collaborazione e lo scambio di buone pratiche tra azioni e servizi del pubblico, del privato accreditato e della cittadinanza attiva, promuovendo una gestione partecipata e una presa in carico trasversale del fenomeno.

I fondi e le critiche – Per finanziare le diverse operazioni, la Regione siciliana ha stanziato circa 11,2 milioni di euro: due e mezzo saranno destinati alle unità mobili, mentre 5,4 andranno alle Asp per la creazione di centri di prima accoglienza. Per le attività di prevenzione nelle scuole saranno impegnati 1,7 milioni. Infine, 3 milioni di euro, provenienti da fondi europei, saranno utilizzati nel 2025 e 2026 per progetti di inclusione lavorativa dei soggetti assistiti. Risorse limitate per le associazioni, consapevoli di come questo sia solo il primo passo verso un’attenzione e una cura maggiore del fenomeno delle dipendenze.“Siamo soddisfatti, è una bella conquista, adesso dobbiamo vigilare affinché non diventi un business e che questi soldi siano spesi nel modo giusto, per aiutare questi ragazzi”, dice Vincenzo Zavatteri della “Casa di Giulio”. L’antropologo Francesco Montagnani di SOS Ballarò, una delle realtà attive nel territorio promotrici del ddl, promuove l’approccio al problema contenuto nel provvedimento. “Nella legge le dipendenze vengono trattate come un problema sociosanitario che necessita di soluzioni complesse lontane da idee di repressione o semplice decoro urbano”, spiega, criticando però il fatto che la norma sia stata approvata dopo più di un anno dalla consegna del testo. “I fondi sono sicuramente insufficienti a coprire le necessità di tutto il territorio regionale – sottolinea Montagnani – ma sicuramente è meglio di prima”. Anche per il componente della segreteria regionale del Pd, Sergio Lima, si poteva fare di più: “Di fondi nuovi ce ne sono pochi – spiega – secondo i miei calcoli, sono solo 4 milioni l’anno in più, il resto del denaro c’era già ed è stato tolto a qualcos’altro”. L’esponente del Pd, insomma, promuove la norma con riserva. “La legge da sola non basta – continua – ci sono tante buone norme fatte dall’Ars, come quella del diritto allo studio e quella del sistema di accoglienza dei migranti, tutte e due votate all’unanimità ma che ad oggi non hanno prodotto nessun risultato concreto”.

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