Il Tribunale del Riesame di Genova ha rigettato l’appello della pm Patrizia Petruzziello contro il rigetto della richiesta di arresto per Fortunato Verduci, carrozziere di 65 anni presunto assassino di Luigia Borrelli, infermiera uccisa con un trapano il 5 settembre 1995 in vico degli Indoratori, nel centro storico del capoluogo ligure, nel basso in cui si prostituiva di notte. Il cold case è stato riaperto grazie a riscontri scientifici su tracce di Dna ritrovate sulla scena del delitto, che, rianalizzate grazie alle moderne tecniche investigative, sono risultate compatibili con quello di Verduci. Pur definendo “granitici” gli indizi a carico del sospettato, i giudici delle libertà – in linea con quanto già deciso dal gip – hanno ritenuto l’insussistenza dei rischi di reiterazione del reato, fuga o inquinamento delle prove, necessari per applicare una misura cautelare: “Il tempo trascorso dai fatti di assai rilevante estensione, tanto da determinare la prescrizione di reati gravi quali la rapina e l’omicidio semplice, l’assoluta incensuratezza, l’avere mantenuto negli anni una lecita attività lavorativa, comunque una vita caratterizzata da abitudini consolidate, rispettose delle norme penali, sono elementi rivelatori della insussistenza delle esigenze cautelari presunte”, scrive il collegio presieduto da Marina Orsini.

L’ordinanza sottolinea poi che “nessun elemento di allarme è emerso in epoca recente, nonostante la preoccupazione di essere oggetto di indagini e le pressioni effettuate dalla compagna perché lui si presentasse in Questura per cercare di capire cosa stesse succedendo”. Anzi, scrivono i giudici, nonostante Verduci nei 29 anni trascorsi dal delitto abbia “certamente dovuto affrontare esperienze destabilizzanti, non ha avuto alcuna condotta impulsiva o aggressiva che possa confermare una incapacità di contenere le proprie azioni e il rischio di commettere quindi altri atti violenti”. Amaro il commento di Francesca Andreini, figlia della vittima: “Sono stupita e molto delusa da questa decisione e dal fatto che questa persona, dopo tutto quello che ha fatto, possa ancora godere della libertà. Gli unici ad avere pagato, fino a oggi, sono mia madre, la mia famiglia e tutte le famiglie che sono rimaste coinvolte in questa triste storia”. “Personalmente non condivido la decisione ma dobbiamo accettarla. Ci conforta il fatto che siano stati confermati il grave quadro indiziario, il movente e due delle aggravanti contestate”, afferma invece la sua avvocata, Rachele De Stefanis.

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