Le persone con disabilità, nonostante leggi ad hoc approvate dalla stragrande maggioranza dei Paesi aderenti alle Nazioni Unite, oltre all’esistenza di normative internazionali abbastanza favorevoli, sono ancora tra le più penalizzate nel mercato mondiale del lavoro, dato che hanno meno probabilità di trovare un’occupazione e quando ci riescono tendono a guadagnare meno dei colleghi senza disabilità. Le più colpite, in generale, sono soprattutto le donne con disabilità, che subiscono una doppia discriminazione. A certificare questo quadro negativo è il nuovo documento pubblicato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) il 27 agosto e intitolato A study on the employment and wage outcomes of people with disabilities, (Uno studio sui risultati occupazionali e salariali delle persone con disabilità).

A firmare il report di 57 pagine sono Sévane Ananian e Giulia Dellaferrera. Il primo è entrato a far parte del Dipartimento di Ricerca dell’ILO come economista nel settembre 2021, le sue aree di competenza sono la disuguaglianza salariale, le condizioni ambientali e la transizione verso un’economia verde. Dellaferrera invece lavora per la promozione dei diritti dei lavoratori domestici in Tanzania con CVM, dopo aver analizzato le disuguaglianze legate al lavoro presso il Dipartimento di Ricerca dell’ILO. In precedenza, ha lavorato presso l’UNHCR, il CICR e Genocide Watch. È specializzata in diritti umani e diritto umanitario.

Il documento, che include nuovi dati aggiornati al post pandemia a fine 2022, rileva che a livello globale le persone con disabilità che lavorano sono pagate in media il 12% in meno all’ora rispetto agli altri dipendenti e che tre quarti di questo divario – il 9% – non possono essere spiegati da differenze relative a istruzione, età e tipo di lavoro, ma principalmente dipende dalle varie condizioni di disabilità. Nei paesi a reddito basso e medio-basso questo divario salariale a causa della disabilità è molto più ampio, cresce fino al 26%. La situazione è ancora peggiore in particolare per le donne con disabilità, che devono anche affrontare un notevole divario retributivo di genere rispetto alle loro controparti maschili, anche a paragone degli uomini con disabilità. In media, c’è un divario retributivo di genere del 6% tra donne e uomini con disabilità nei paesi sviluppati e un divario quasi analogo, del 5%, nei paesi in via di sviluppo.

Lo studio mostra inoltre che le persone con disabilità hanno meno probabilità di entrare nel mondo del lavoro e che, quando ci riescono, affrontano in media periodi di disoccupazione più elevati, ricoprono mansioni inferiori al titolo di studio, usufruiscono di premi e scatti di livello a singhiozzo rispetto agli altri colleghi. Viene evidenziato che le persone con disabilità hanno maggiori probabilità di essere lavoratori autonomi, senza doversi recare in azienda e quasi sempre lavorano da casa.

Queste disparità non sembrano essere spiegate solo da caratteristiche individuali come l’esperienza acquisita o la categoria professionale a cui si appartiene. Molto probabilmente, sostiene il documento dell’ILO, tali penalizzazioni – che spesso si traducono in veri e propri impedimenti – sono invece orientate da vari altri fattori, tra cui la limitata offerta di alloggi accessibili vicino al posto di lavoro e la discriminazione nei confronti delle persone con disabilità nei diversi luoghi di lavoro. Nella sua sezione finale, lo studio evidenzia i quadri giuridici stabiliti a livello internazionale e nazionale per promuovere le pari opportunità e l’equa remunerazione per le persone con disabilità. “Norme e leggi”, si legge nel report, “che troppo spesso sono poi disattese nei fatti ovunque a livello internazionale”. Nel documento dell’ILO non c’è un focus specifico in riferimento all’Italia ma si fa riferimento al fatto che “nei Paesi dell’area Ocse, la percentuale di persone disabili con un’occupazione è del 44%, rispetto al 75% dei normodotati, ben 30 punti percentuali in meno”.

Ilfattoquotidiano.it ha più volte analizzato come la realtà italiana del lavoro per le cosiddette categorie protette sia molto negativa senza un piano strategico per l’inclusione e i dati delle donne e degli uomini con disabilità attivi residenti nella Penisola sono tra i peggiori d’Europa con solo il 35% di occupati. Da rilevare il numero di donne e uomini coinvolti e la loro significativa crescita negli anni. Secondo il primo Rapporto Mondiale sulla Disabilità, messo a punto da Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e Banca Mondiale, si tratta di oltre 1 miliardo di persone, circa il 15% della popolazione che abita il pianeta, che convive con qualche forma di disabilità. Quasi un quinto di questi, circa 190 milioni di individui, è costretto ad affrontare difficoltà “molto significative” nella vita di tutti i giorni. Inoltre, le percentuali di persone fragili non autosufficienti sono in aumento a causa dell’invecchiamento della popolazione, dell’incremento globale delle malattie croniche e dei feriti gravi causati dalle guerre. Lo studio dell’ILO termina sottolineando l’importanza di accompagnare e aiutare maggiormente gli studenti con disabilità nel passaggio di vita complesso scuola-lavoro e auspica maggiore attenzione da parte dei vari enti legislatori e responsabili politici ad agire per migliorare il quadro della situazione a sostegno delle persone con gravi e gravissime fragilità.

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