Continua il balletto sulla tassa o “contributo volontario” sugli extraprofitti bancari. Dopo il niet di Forza Italia a un nuovo tentativo di colpire gli utili realizzati dagli istituti – 12 miliardi per i primi cinque nei primi sei mesi dell’anno – solo grazie al rialzo dei tassi di interesse, la maggioranza sembra essersi convinta che l’unica strada possibile per evitare strappi e nuovi flop è concordare l’intervento con le banche stesse. E sperare che siano disponibili a concedere qualcosa. Mercoledì dall’Associazione bancaria italiana è arrivata una mezza apertura, dai contorni fumosi ma chiara su un punto: saranno gli istituti a decidere come e quanto vogliono mettere a disposizione. Per le opposizioni, la nota diffusa dal comitato esecutivo non fa che mettere in luce la debolezza del governo.
“Il Comitato Esecutivo dell’ABI, presieduto da Antonio Patuelli, ha deliberato all’unanimità di incaricare il Direttore Generale Marco Elio Rottigni di approfondire eventuali misure che possano mettere a disposizione una maggiore liquidità per il bilancio dello Stato“, si legge nel comunicato dell’associazione. “Tali misure dovranno essere di natura temporanea e predeterminata, con effetti esclusivamente finanziari, salvaguardando il patrimonio e i bilanci delle banche e senza effetti retroattivi, per non penalizzare la competitività delle banche operanti in Italia rispetto alle banche degli altri mercati bancari europei e quindi consentire di continuare a fornire il pieno sostegno a famiglie e imprese“.
Da notare che un contributo del genere, in quanto temporaneo, non potrà in alcun modo aiutare il governo a trovare le sospirate coperture per interventi che si vorrebbero rendere strutturali, come la decontribuzione per i redditi medio bassi e la riduzione delle aliquote Irpef. Con quei soldi, se mai arriveranno, si potranno solo finanziare delle una tantum.
Antonio Misiani, responsabile economico della segreteria del Partito Democratico, intervistato da Affaritaliani.it ricorda che sul tema la credibilità dell’esecutivo “è pari a zero. L’anno scorso strombazzarono la volontà di tassare gli extraprofitti delle banche. È finito tutto a tarallucci e vino. Adesso si stanno nuovamente agitando perché non sanno come coprire la Legge di Bilancio. Ma difficilmente andranno a disturbare i grandi interessi economici. Abbaiano ma non mordono”. Per quanto riguarda il metodo, il presidente del M5s Giuseppe Conte rileva che “siccome Meloni ha paura di tassare gli extraprofitti delle banche ora il primo passo lo hanno fatto addirittura gli Istituti di credito. Il governo non si faccia dettare il compitino dalle banche perché non ha la forza di prendere delle decisioni. Introduca finalmente un contributo giusto e proporzionato sui profitti conseguiti dalle banche: non ci si accontenti delle briciole e recuperiamo risorse importanti per dare dignità a tutti i cittadini in difficoltà”. Poi si rivolge direttamente a Meloni: “Prima che ti diano uno schiaffo anche le industrie delle armi, quelle farmaceutiche ed energetiche o le imprese assicurative chiediamo un contributo anche a loro”. Emiliano Fenu, capogruppo M5S in Commissione finanze della Camera, sottolinea che l’Abi “detta pure le condizioni, facendo l’elenco di quello che a quel punto non sarebbe un prelievo sugli extraprofitti, non sarebbe un contributo, ma sarebbe una specie di ‘cadeau’ delle banche a Meloni e Giorgetti, scritto però a immagine e somiglianza dei desiderata bancari. Non soltanto l’Esecutivo non ha gli attributi di varare una vera tassa sugli extraprofitti, ma addirittura avalla una sorta di privatizzazione delle tasse e delle misure di redistribuzione, appaltate all’esterno”.