“Siamo funzionali per l’economia di questa città ma ci ritroviamo a dover vivere in tenda per strada”. Da cinque giorni, 70 persone vivono accampate in tenda nel parco di fronte al Politecnico di Milano. Lavorano come rider, assistenti domiciliari, operai ma non riescono a trovare una casa in città. Abitavano in uno stabile occupato nella periferia di Milano finché il 19 settembre un incendio lo ha distrutto. E da quel momento si sono ritrovati di nuovo in strada. Dalle istituzioni hanno trovato “un muro di gomma” e così, insieme agli attivisti della rete solidale Ci Siamo, hanno piantato le tende in piazza Leonardo da Vinci per vivere e per rendere visibile “l’assenza di politiche abitative in questa città”.

Non è facile vivere per strada. Lunedì hanno dovuto affrontare il diluvio arrangiandosi come potevano con teli e tende per provare a rimanere all’asciutto. La maggior parte di loro un lavoro ce l’ha ma questo non basta a trovare una casa. “In questi ultimi anni non siamo riusciti a trovare in affitto nel libero mercato un appartamento o una stanza in condivisione a causa dei costi sempre più elevati e delle garanzie richieste dai proprietari al momento del contratto che molti di noi lavoratori con contratti brevi e a basso reddito, non riusciamo a dare oltre a forme sempre più diffuse di razzismo e discriminazione che subiamo”. Di giorno consegnano il cibo, aiutano gli anziani o spostano pacchi negli scaffali dei grandi magazzini “in condizioni in cui spesso non vengono rispettate le minime garanzie contrattuali salariali e normative”.

Oggi non vogliono più essere invisibili e chiedono al Comune “una politica abitativa attenta a noi lavoratori” che dovrebbe essere una “una priorità per questa Amministrazione dato che la maggior parte di noi, a causa delle difficoltà di ottenere e rinnovare i documenti, sono facilmente ricattabili e per questo motivo costretti ad accettare dei lavori sottopagati e con condizioni contrattuali spesso al limite della legalità”. E puntano il dito contro “le migliaia di immobili privati e pubblici lasciati vuoti e al degrado” rivendicando la pratica dell’occupazione resa sempre più difficile anche dal nuovo decreto sicurezza che prevede pene fino a sette anni di carcere. “Una legalità sempre più a difesa delle speculazioni immobiliari private che – concludono gli abitanti – in accordo con le amministrazioni pubbliche e i soggetti del terzo settore, stanno trasformando le città in base alle proprie esigenze di profitto, accerchiando i quartieri popolari, espellendone gli abitanti”.

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