L’aggiustamento di bilancio da 12-13 miliardi annui imposto dal nuovo Patto di stabilità che il governo Meloni ha sottoscritto la scorsa primavera richiederà “sacrifici non banali. Non dico austerità, ma una linea non più espansiva“. Incontrando i sindacati a Palazzo Chigi per presentare il Piano strutturale di bilancio, che tornerà in consiglio dei ministri venerdì per essere poi inviato al Parlamento, Giancarlo Giorgetti ha confermato quel che già si sapeva: ora arrivano i tagli. La spesa pubblica potrà aumentare in media, nei prossimi sette anni, di non più dell’1,5%: circa 15 miliardi l’anno. Troppo poco anche solo per tener dietro all’inflazione.

Il deficit/pil il prossimo anno si fermerà al 3% e già nel 2026 – prima di quando previsto nel Def di aprile – si punta a ridurlo al 2,7%, per scendere al 2,5 l’anno dopo. Già quest’anno, poi, Giorgetti conta di tornare all’avanzo primario, ovvero la situazione in cui le entrate superano la spesa al netto degli interessi sul debito. L’obiettivo è uno 0,1%. “Un dovere morale nei confronti delle prossime generazioni”, lo ha definito il ministro, spiegando che il debito/pil nei prossimi anni è destinato a salire toccando il 137,1% nel 2025 e il 138,3% nel 2026, anni su cui si concentra l’impatto dei crediti di imposta per le ristrutturazioni edilizie.

Un quadro che rende complicatissimo finanziare la prossima manovra e richiederà di stringere la cinghia su tutto. Con due eccezioni, stando a quanto anticipato dal ministro dell’Economia: la sanità, su cui c’è l’intenzione di non rispettare il limite dell’1,5% di aumento compensando però su altri comparti. E le spese militari, che saliranno come Giorgia Meloni ha più volte promesso agli alleati della Nato. Anche se non si arriverà all’obiettivo del 2% del pil.

La legge di Bilancio sarà quindi ridotta all’osso: saranno prorogate come da attese la decontribuzione per i dipendenti con redditi medio bassi e l’Irpef a tre aliquote, che erano finanziati solo per il 2024 e – è la promessa – diventeranno strutturali. Su fronte pensioni ci sarà solo una conferma delle misure vigenti, vedi quota 103 e Opzione donna. Altro che la “cancellazione della Fornero” propagandata dal vicepremier Matteo Salvini. Quanto all’indicizzazione degli assegni, il titolare dell’Economia ha annunciato che a differenza dell’anno scorso sarà piena. Salvo successivi interventi parlamentari. Come dire: se la maggioranza chiederà risorse per altre misure discrezionali, farò presente che le coperture possono prenderle da lì. Assumendosene la responsabilità.

Per quanto riguarda il rinnovo dei contratti collettivi del pubblico impiego, per il biennio 2022-2024 sono confermati aumenti medi del 5,78%. “Insufficienti visto che sono ben sotto un’inflazione che è arrivata al 16,5%”, fa notare Christian Ferrari, segretario confederale della Cgil. Per il 2025-27 invece dovrebbero esserci le risorse almeno per compensare l’aumento dei prezzi, stimato nel 2% annuo.

Nebuloso il capitolo coperture: arriveranno in parte dalle maggiori entrate fiscali – ma può trattarsi solo di quelle strutturali – e in parte da tagli alla spesa ancora non definiti. Si sta poi cercando un accordo con le banche sul quantum e le modalità del loro ipotetico contributo “temporaneo e non retroattivo”, come da condizioni dettate dall’Abi. Comunque non si tratterà di una tassa, hanno tenuto a ribadire fonti di governo.

Negativo il giudizio della Cgil, che ha proposto una strada alternativa: “Prendere le risorse dove ci sono, cioè dai profitti ed extraprofitti e dai grandi patrimoni“, spiega Ferrari, “e tornare a un modello di welfare universalistico. Non solo: visto che a pagare le tasse sono rimasti praticamente solo dipendenti e pensionati, chiediamo che l’extragettito di quest’anno ritorni nelle loro tasche attraverso un aumento della spesa sanitaria. In aggiunta è necessario il salario minimo e un’azione di contrasto a precarietà e lavoro nero”.

“Sul lavoro e sul recupero del potere d’acquisto dei salari non ci sono risposte”, aggiunge Pierpaolo Bombardieri, leader della Uil. “Non c’è la detassazione degli aumenti contrattuali e non ci sono risposte sul lavoro precario. Soprattutto non abbiamo sentito dal ministro Giorgetti interventi sulla riforma fiscale. I documenti della Commissione segnalano il fatto che la flat tax non è uno strumento da utilizzare e che i condoni sono molto pericolosi”. Più attendista il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, che si accontenta della “apprezzabile apertura del Governo alle istanze delle parti sociali”.

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“L’Italia viola la democrazia fiscale. Con le leggi di Bilancio si tagliano servizi e diritti mentre le imposte calano solo per alcune categorie privilegiate” – L’intervento

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