La dottoressa Spartia Piccinno spiega al FattoQuotidiano.it come il rapporto uomo-animale possa essere un prezioso supporto alle cure tradizionali
James è salito sul tetto della sua casa. Sta per prendere la decisione di gettarsi nel vuoto e farla finita. “Guardo di nuovo giù verso la scala. Ella non si è mossa. I suoi occhi marroni mi fissano intensamente, pieni di amore e supplichevoli, e mentre il mio sguardo incrocia di nuovo il suo, la mia mente si calma. In quell’istante, so che non salterò. Cosa accadrebbe a Ella se morissi? Quanto tempo aspetterebbe da sola nell’appartamento prima che qualcuno la trovi?”. Ella è un cane e l’uomo è James Middleton, fratello minore di Kate e Pippa Middleton, classe 1987, che ha raccontato nel suo nuovo libro Meet Ella come la sua amata cagnolina cocker spaniel, che oggi non c’è più, lo abbia aiutato a uscire dalla depressione. Di fatto, se oggi James Middleton, che nel frattempo si è sposato e ha avuto una figlia, è sereno, il merito è di Ella, che gli è stata fedelmente al fianco nei momenti più dolorosi.
Nel libro l’autore racconta il legame intenso con la sua prima cagnolina. Arrivata nella sua vita quando aveva 20 anni, Ella lo ha seguito in infinite avventure, dalle escursioni sulle montagne scozzesi ai viaggi in giro per il mondo, senza dimenticare svariate uscite con la Royal Family. Ma, soprattutto, Ella è stata vicino a James Middleton quando si è trovato a combattere con la depressione.
Il parere dell’esperto
“Probabilmente, come scrive Middleton, tra lui e il cane si era creato un legame di accudimento che lo ha portato ad avvertire un senso di responsabilità per l’animale e quindi a desistere dalla tentazione di farla finita”, spiega al FattoQuotidiano.it la dottoressa Spartia Piccinno, psicologa e Presidente dell’Associazione Italiana PET Therapy. L’elemento chiave nel rapporto con l’animale è quindi il legame emotivo che si è instaurato. “Parlerei in particolare di grande sensibilità, ossia capacità di entrare in empatia con il cane, di simpatizzare con il dolore dell’altro. Il suo cane è stato di fatto un compagno di una vita e da questo percorso può nascere un legame molto speciale – continua l’esperta -. Azzarderei dicendo che il sistema di attaccamento sviluppato da Middleton è del tutto paragonabile al sistema di attaccamento di cui parla Bowlby. Per lui il cane rappresenta il figlio a cui fornire protezione, conforto e supporto emotivo. Middleton stesso dice di essersene occupato sin da quando aveva ancora gli occhi chiusi. Questa situazione può aver generato il sistema di attaccamento del tutto simile a quello che la madre sviluppa verso il figlio”.
Quindi tra i vari animali da compagnia il più indicato per contribuire a migliorare il disagio psichico, come per esempio la depressione, è proprio il cane?
“Sì, è scientificamente provato che il cane risponde in modo forte alle nostre esigenze affettive. È l’animale domestico che più di ogni altro stabilisce in maniera spontanea una relazione. Anche se una premessa è d’obbligo: un problema psicologico, a maggior ragione uno stato depressivo, deve essere affrontato prima di tutto dallo psicoterapeuta. La presenza di un animale da compagnia come il cane può contribuire a ottenere risultati ancora più positivi nel percorso di cura”.
Quali regole osservare nel caso in cui ci si volesse fare aiutare dalla presenza di questo animale?
“L’inizio di una convivenza con il cane deve tenere conto di un principio di fondo: non è per convenienza che il cane sta con l’umano, ma sul piano dell’affettività. Significa che i cani non si ricompensano attraverso il cibo, ma spesso con un sorriso, una carezza che, se replicati nel tempo, sono sufficienti per far ripetere lo stesso comportamento all’animale. Un altro passo è rendere il cane parte della famiglia, farlo sentire accolto da tutti i suoi componenti”.
Lo step successivo?
“Bisogna comprendere come l’animale comunica e come noi comunichiamo con lui. Quindi è importante adattare la nostra mimica, le espressioni facciali e la postura rispetto a determinate emozioni che vogliamo esprimergli; a quel punto, si verifica come il cane risponde a queste sollecitazioni. Attraverso questi tentativi di ‘sintonizzazione’ si crea una relazione di fiducia con l’animale”.
Se ci fossero però difficoltà a tenere un cane in casa, ma non si vuole rinunciare ai benefici di una pet therapy, quali altre strade si possono percorrere?
“La prima è cercare nella propria zona o la propria regione indirizzi di centri dove si offrono interventi assistiti con animali. La parola da digitare nei motori di ricerca è IAA che significa ‘Interventi Assistiti con gli Animali’. Occorre poi verificare la presenza di specialisti come psicologi, neurologi, professionisti della pet therapy”.
Quali sono i costi?
“Sono variabili a seconda del professionista. In media si allineano a quelli di una psicoterapia cui occorre aggiungere un piccolo plus derivato dai costi di gestione del cane”.
I tempi medi di un percorso di terapia con il cane?
“Generalmente è necessaria un’ora alla settimana e continuare per almeno sei mesi per ottenere dei risultati interessanti. Poi si valuta se e come continuare. Tuttavia, come in tutte le psicoterapie, anche in questo caso dipende molto dalla risposta del paziente. Comunque, un’altra opzione che non è niente male è frequentare i canili”.
Ha qualche effetto positivo?
“Certo. Visitare questi luoghi, facendo volontariato e aiutare un cane ci dà una sensazione di grandissimo piacere a livello psichico. Anche questo è un principio da fare risaltare: aiutare gli altri, animali compresi, fa bene a loro, ma principalmente a noi stessi”.