Moda e Stile

“Pubblicità ingannevole sulla sostenibilità e le questioni ambientali”: l’Antitrust avvia un’istruttoria su Shein

L'accusa è di aver utilizzato messaggi promozionali "generici, vaghi, confusi e/o fuorvianti" per veicolare un'immagine di sostenibilità produttiva e commerciale dei propri capi d'abbigliamento

di F. Q.
“Pubblicità ingannevole sulla sostenibilità e le questioni ambientali”: l’Antitrust avvia un’istruttoria su Shein

Il colosso cinese del fast fashion Shein è finito nel mirino dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) per possibili pratiche di greenwashing. L’Antitrust ha avviato un’istruttoria per verificare la veridicità delle affermazioni ambientali presenti sul sito web italiano dell’azienda, aprendo un dibattito sulla trasparenza delle aziende e sulla necessità di regolamentare l’uso di claim ambientali nel marketing. L’accusa è di aver utilizzato messaggi promozionali “generici, vaghi, confusi e/o fuorvianti” per veicolare un’immagine di sostenibilità produttiva e commerciale dei propri capi d’abbigliamento, sfruttando la crescente sensibilità dei consumatori verso l’impatto ambientale delle loro scelte di consumo.

Le sezioni del sito finite sotto la lente d’ingrandimento sono #SHEINTHEKNOW, ‘evoluSHEIN‘ e ‘Responsabilità sociale‘, dove l’azienda parla di “circolarità“, qualità dei prodotti e consumo responsabile. Ma secondo l’Antitrust, queste affermazioni sarebbero poco chiare e potrebbero indurre in errore i consumatori. Ad esempio, la collezione “evoluSHEIN”, dichiarata “sostenibile“, non fornirebbe informazioni sufficienti sulla quantità di fibre “green” utilizzate e sulla reale riciclabilità dei capi. Inoltre, Shein si vanterebbe di un impegno generico nella decarbonizzazione, contraddetto però dai dati sui report di sostenibilità che mostrano un aumento consistente delle emissioni di gas serra nel 2022 e 2023.

L’Antitrust ipotizza quindi che Shein stia adottando strategie di comunicazione ingannevoli, sfruttando il trend del “green” per attrarre clienti senza però impegnarsi concretamente per ridurre l’impatto ambientale del suo modello di business, basato sul “fast o ultra fast fashion“, un modello che, come sottolinea l’AGCM, ha un “consistente incremento delle emissioni di gas serra”.

La vicenda solleva importanti interrogativi sulla trasparenza delle aziende e sulla necessità di regolamentare l’uso di claim ambientali: come ha affermato il presidente dell’Antitrust Roberto Rustichelli in un’intervista recente, “la sostenibilità non può essere una semplice etichetta di marketing, ma deve tradursi in azioni concrete e verificabili”. L’istruttoria è ancora in corso: l’esito delle indagini dell’Autorità è atteso nelle prossime settimane.

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