Al World Cancer Congress di Ginevra, tenutosi quest’anno, si è svolto un importante simposio dedicato alla situazione di Gaza. Durante l’evento, gli scienziati hanno presentato un quadro drammatico che dovrebbe suscitare una forte reazione da parte della comunità scientifica e dell’intera comunità europea.
La Striscia di Gaza ha vissuto per anni sotto un blocco imposto da Israele, dal 2007, che ha trasformato questo piccolo lembo di terra in una prigione a cielo aperto. Il blocco ha limitato non solo gli spostamenti delle persone via terra, mare e aria, ma ha impedito anche l’ingresso di beni essenziali, come cibo, medicine e materiale sanitario, aggravando le già precarie condizioni di vita della popolazione.
Nel 2022, le difficoltà sanitarie erano particolarmente evidenti: 20.295 pazienti palestinesi di Gaza hanno richiesto permessi per uscire dalla Striscia e ricevere cure, ma il 33% di queste richieste è stato ritardato o negato. Tra i richiedenti, un’alta percentuale erano minori (29%) che necessitavano di accompagnatori. Tuttavia, il 62% delle richieste di accompagnamento è stato anch’esso ritardato o negato, costringendo il 25% dei pazienti a viaggiare da soli per ricevere cure mediche, una situazione che mette ulteriormente a rischio la loro salute.
Prima della guerra, la situazione oncologica a Gaza era già drammaticamente preoccupante. Le condizioni economiche di Gaza erano altrettanto difficili: nel 2022, il tasso di disoccupazione aveva raggiunto il 46,6%, mentre il 31% delle famiglie non riusciva a garantire un’istruzione adeguata ai propri figli per motivi economici. Inoltre, il 62% della popolazione dipendeva dall’assistenza alimentare per sopravvivere. Le infrastrutture energetiche erano inadeguate: la centrale elettrica di Gaza riusciva a soddisfare solo il 50% della domanda di elettricità, causando interruzioni quotidiane di corrente che duravano in media 11 ore. Anche l’acqua corrente era un problema, con il 78% dell’acqua erogata non potabile.
Nel 2022, l’incidenza del cancro era di 93,1 casi ogni 100.000 abitanti. Il tumore al seno rappresentava il 19,2% di tutti i tumori diagnosticati, seguito dal tumore al colon-retto (10,7%). I servizi sanitari locali erano del tutto insufficienti a gestire una malattia così complessa: il cancro rappresentava la seconda causa di morte nella Striscia, con un tasso di mortalità pari a 34,5 per 100mila abitanti. Negli ultimi cinque anni, erano stati registrati 9.456 casi di cancro al seno e 3.785 persone erano morte a causa della malattia. Il 60% delle nuove diagnosi sono tra le persone tra i 15 e i 64 anni.
Le infrastrutture sanitarie per il trattamento del cancro a Gaza erano già in condizioni critiche prima del conflitto. Il principale centro oncologico, il GCG, non disponeva di strumenti essenziali come la radioterapia, e le attrezzature per la diagnostica avanzata, come le risonanze magnetiche, erano praticamente inesistenti.
A peggiorare la situazione, Israele ha imposto severi limiti alla formazione medica fuori Gaza, con un tasso di rifiuto del 98% per i medici palestinesi che cercavano di partecipare a corsi di formazione e conferenze all’estero nel 2018. Anche i pazienti oncologici hanno subito pesanti restrizioni: il 37% delle richieste di permesso per uscire dalla Striscia e ricevere cure è stato ritardato o negato.
Con lo scoppio del conflitto, le già difficili condizioni di vita e sanitarie nella Striscia di Gaza sono peggiorate drasticamente. Sono state registrate 493 uccisioni tra il personale sanitario, 400 feriti e 310 in galera. Due consulenti istopatologi, figure chiave per la diagnosi dei tumori, sono stati uccisi durante la guerra, compromettendo ulteriormente le già limitate capacità diagnostiche del sistema sanitario locale. Le strutture sanitarie sono state devastate: 155 strutture, tra cui 36 ospedali, 52 centri medici e 126 ambulanze, sono state danneggiate o distrutte. Oltre 10mila pazienti oncologici, tra cui circa 750 bambini, si trovano ora senza cure, con l’unico centro oncologico nazionale fuori servizio.
Le interruzioni di corrente e la mancanza di carburante per i generatori locali rendono impossibile mantenere in funzione le attrezzature mediche essenziali. I farmaci oncologici sono scarsi e i protocolli di chemioterapia non possono essere eseguiti correttamente. A peggiorare ulteriormente il quadro, la diffusione di malattie infettive come la poliomielite e la gastroenterite rappresenta una minaccia per una popolazione già indebolita dalle difficoltà quotidiane e dalle conseguenze della guerra.
La situazione sanitaria a Gaza, già precaria prima del conflitto, è ora catastrofica. Il sistema sanitario è al collasso, le infrastrutture sono state devastate e la popolazione vive in condizioni di povertà estrema, senza accesso a cure mediche adeguate. I pazienti oncologici, già duramente colpiti dal blocco e dalla mancanza di risorse, sono ora abbandonati a loro stessi, privati delle cure necessarie per sopravvivere.
La crisi sanitaria a Gaza è una tragedia umana che potrebbe essere evitata, frutto di politiche restrittive e di un conflitto che continua a mietere vittime. Serve un intervento urgente della comunità internazionale per garantire l’accesso ai beni di prima necessità, ai farmaci e alle cure, e per mettere fine a una situazione che sta compromettendo il futuro di un’intera popolazione.