“Il mio non è un addio, ma un ringraziamento. Grazie basket per tutto quello che di incredibile mi hai dato”. Faccia da bravo ragazzo e stile elettrizzante. Insieme a Kobe Bryant e Lebron James l’icona Nba per eccellenza negli anni ’10 del nuovo millennio. Non era il più alto in campo, ma arrivava più in alto di tutti. Un’esplosività unica frenata da tanti, troppi infortuni (oltre 15). Con una lettera d’amore (e addio), Derrick Rose annuncia il ritiro dal basket giocato. Maglia numero 1 sulle spalle, scarpe Adidas e tante lacrime versate in campo: il soffocante urlo nella serie playoff del 2012 contro i Philadelphia 76ers sono il preludio di un lento declino. La rottura del legamento crociato del ginocchio sinistro lo mette di fronte a una realtà che non lo farà mai più tornare quello di prima. L’ultimo vero acuto in maglia Minnesota Timberwolves, con una prestazione da 50 punti. Seppur per pochi anni, Rose è riuscito a mettere tutti d’accordo. Non è un caso il premio di Mvp a soli 22 anni: il più giovane di sempre nella storia della lega a ricevere questo premio. Una carriera strozzata sul più bello, lasciata in sospeso: il più classico anzi, il più grande What if nella storia della pallacanestro.
Just a kid from Chicago.
Thank you for everything, @drose ???? pic.twitter.com/u3CCwhlfRe
— Chicago Bulls (@chicagobulls) September 26, 2024
L’amore di D-Rose per il basket
“Hai creduto in me nei momenti più alti e in quelli più bassi, sei stata la mia costante quando tutto il resto sembrava incerto. Mi hai mostrato cosa significa veramente l’amore. Hai trasformato il campo nel mio santuario, un posto dove potevo esprimermi liberamente”. Una lettera a cuore aperto: Derrick Rose saluta la sua pallacanestro con un lungo messaggio condiviso sui social. “Mi hai ricordato che potevo sempre contare su di te, che in ogni momento di dubbio mi avresti mostrato di cosa sono capace”. La sua compagna più fidata, anche quando le cose andavano storte. “Mi hai fatto conoscere luoghi e culture che un ragazzo di Chicago non avrebbe mai potuto immaginare. Mi hai insegnato che ogni sconfitta era una lezione e ogni vittoria un motivo per essere grato”, figlio di una città che ha cercato di voltargli le spalle sin dall’infanzia. “Mi hai dato una saggezza che non riguarda solo il gioco, ma anche la vita, la disciplina, il duro lavoro, la perseveranza. Mi hai dimostrato che la passione è qualcosa da custodire gelosamente, facendo sì che mettessi il cuore in ogni palleggio, in ogni tiro, in ogni giocata”. Una passione viscerale per uno sport che gli ha cambiato il destino. “Mi sei stato accanto anche quando il mondo sembrava contro di me, incondizionatamente, aspettando che fossi io a prenderti in braccio. Mi hai fatto un regalo, il nostro tempo insieme, un regalo che custodirò gelosamente per il resto dei miei giorni. Mi hai detto che va bene dire addio, rassicurandomi che sarai sempre una parte di me, non importa dove mi porterà la vita“. Consapevole e senza rimpianti, quello che è stato rimane nella storia: quello che sarebbe potuto essere rimarrà per sempre un mistero.
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Il più grande what if di sempre
Prima scelta assoluta nel Draft del 2008 e la squadra della sua città – Chicago – dove poter creare qualcosa di grande, dopo il vuoto incolmabile lasciato da Michael Jordan. È il 2011. Rose viene nominato Mvp della lega. L’Nba è ai suoi piedi e tutti impazziscono per lui. Sfiora le finali ma ci vuole riprovare l’anno successivo. Poi la sfortuna e gli infortuni soffocano il suo talento. Il leggendario canestro all’ultima secondo nella serie playoff contro Cleveland sembrerebbe essere l’inizio di una nuova vita. Ma così non è. Ha provato a smettere due volte con la pallacanestro: prima a New York, poi a Cleveland. Rose ci ripensa e gira mezza America (tra Detroit, Minnesota e ancora NY), fino all’ultima tappa: quella di Memphis.
Figlio della città del vento
Nato a Englewood, in uno dei quartieri più malfamati di Chicago, tra gang criminali e famiglie senza un futuro sicuro. Vicino a casa, però, c’è un canestro da basket: lo scopre quasi per caso e da lì non si sposta più. Lascia da parte le cattive compagnie e sogna qualcosa di irrealizzabile, almeno per quella che era la mentalità di Englewood. Il ragazzo però ha talento e in poco tempo tutti si accorgono di lui: così diventa il punto di riferimento per una periferia che vuole far sentire la sua voce. La storia di Rose è riscatto sociale e novità assoluta che spalanca gli orizzonti. Dopo Michael Jordan, Barack Obama e Kanye West Chicago sarà per sempre la città di Derrick Rose. Cosa sarebbe potuto diventare? Non lo sapremo mai, ma forse basta sapere quello che è stato. Un racconto fantastico bloccato sul più bello. Rinchiusi in un ricordo gelosamente custodito. Derrick Rose, figlio della città del vento.