Sedici indagati tra manager e dipendenti di Sogin, Enea, Arpab e della Provincia di Matera. Con accuse gravissime: avevano messo su un’attività organizzata finalizzata al traffico illecito di rifiuti, disastro ambientale e inquinamento ambientale, secondo la Dda di Potenza. Tutto ruotava attorno alla gestione della Itrec, la centrale nucleare in decommissioning (in smantellamento, ndr) di Rotondelle, in provincia di Matera.

L’inchiesta del Noe dei carabinieri di Potenza – coordinato dai magistrati della procura guidata da Francesco Curcio – ha raccolto indizi nei confronti di alcuni dirigenti della Sogin, di alcuni dirigenti del centro ricerca Enea di Rotondella nonché di alcuni funzionari pubblici di enti locali incaricati di vagliare le istanze ambientali presentate dai gestori della centrale. Gli accertamenti svolti hanno evidenziato, a livello indiziario, come alcuni dirigenti di Sogin, avrebbero appreso già nel 2014, grazie alle analisi da loro stessi condotte, della grave contaminazione da tricloroetilene e cromo esavalente delle acque di falda sottostanti il loro sito e avrebbero effettuato le prescritte comunicazioni agli enti competenti solo nel 2015.

“Il complesso delle condotte contestate agli indagati oltre a determinare un ritardo nell’applicazione delle procedure di messa in sicurezza del sito, avrebbe, poi, permesso di scaricare nel mar Jonio senza alcun trattamento le acque di falda contaminate che venivano emunte dai loro sistemi di sicurezza”, ha spiegato il procuratore Curcio. Alla fine, secondo l’accusa, si giunse ad un vero e proprio “disastro ambientale” perché “lo stato di contaminazione del sito” non fu comunicato, “pure avendo il dovere di farlo, per evitare o ritardare costi aziendali e per scongiurare il clamore e le conseguenze che, sul piano amministrativo, politico, d’immagine ed economico, la notizia avrebbe suscitato”.

Gli indagati attestarono “falsamente” lo stato delle acque da scaricare, anche dal punto di vista delle autorizzazioni o dei nulla osta in possesso. La Dda potentina ha accertato anche casi di scarico di acque piovane, “di dilavamento e quelle industriali, tutte non trattate, direttamente nel fiume Sinni”. In base alle indagini, nell’Itrec sarebbe avvenuta anche la “frequente disattivazione, da parte di alcuni dirigenti del sito, delle pompe della barriera idraulica predisposta per contenere la propagazione della acque di falda contaminate”, allo scopo “di abbattere i costi energetici e di gestione dei rifiuti liquidi che sarebbero stati prodotti”. In una nota, Sogin ha spiegato che la “contaminazione non è stata generata dalle attività di smantellamento in corso” e che “non appena l’ha rilevata, ha immediatamente provveduto a denunciarla alle autorità competenti”.

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