L’ex presidente della Camera Irene Pivetti è stata condannata a 4 anni di reclusione per evasione fiscale e autoriciclaggio. È la decisione della IV sezione penale del Tribunale di Milano nel processo a carico anche di altri tre imputati su una serie di operazioni commerciali nel 2016 del valore di circa 10 milioni di euro, in particolare la compravendita di tre Ferrari Granturismo che, secondo l’accusa, sarebbe servita per riciclare proventi frutto di illeciti fiscali. I giudici hanno accolto la richiesta della procura. La sentenza è stata emessa dal collegio di giudici Scalise-Cecchelli-Castellabate. L’ex terza carica dello Stato era presente in aula alla lettura del dispositivo. È stata disposta nei confronti di Pivetti anche la confisca di oltre 3,4 milioni di euro.
La sentenza – Con Pivetti, difesa dall’avvocato Filippo Cocco, erano stati rinviati a giudizio anche il pilota di rally ed ex campione di Gran Turismo, l’anconetano Leonardo ‘Leo’ Isolani condannato a 2 anni e 4mila euro di multa con sospensione condizionale della pena e non menzione sul casellario penale, la moglie Manuela Mascoli (2 anni), la figlia di lei Giorgia Giovannelli che è stata assolta. I giudici hanno concesso all’ex conduttrice e politica le attenuanti generiche. Pivetti è stata condannata anche al pagamento delle spese processuali. Fra le pene accessorie la 61enne è stata condannata all’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici, interdizione per un anno dal ricoprire uffici direttivi delle imprese, contrattare con la pubblica amministrazione e dalle funzioni di rappresentanza in materia tributaria e interdizione perpetua dal ricoprire l’incarico di componente della commissione tributaria.
“Non poteva esserci assoluzione” – “È la condanna chiesta dal pm, ma questo è solo la fine del primo tempo. Ricorreremo in appello, ora attendo le motivazioni della sentenza perché sono davvero molto curiosa di vedere come hanno fatto a non tenere conto dei fatti che abbiamo elencato. Sono molto serena, io sono perfettamente innocente e avremo modo di chiarirlo in appello – ha detto Pivetti – Era chiaro che non poteva esserci un’assoluzione, non mi aspettavo nulla di diverso: non è che voi (giornalisti, ndr) siete qui perché ci sono io, io sono qui perché ci siete voi. Questo processo è iniziato per creare risonanza mediatica, ma la verità mi dà fiducia per il secondo tempo”. L’ex politica ha poi proseguito: “Io sono solo una tra i molti, perché il sistema è fatto così: ogni tanto prende dei bersagli e ci si accanisce contro“. L’ex presidente ha definito le inchieste contro di lei come “un accanimento e una persecuzione giudiziaria, non un errore” ma “non sono qua a fare la lagna, non sono qui a lamentarmi di questo” ha aggiunto a chi le chiedeva se il suo passato politico potesse avere un peso.
L’ipotesi dell’accusa – La procura aveva chiesto ai giudici di non applicare le “attenuanti”, perché “si pretende che abbia sensibilità agli obblighi di legge“, dato che “ha avuto modo di conoscere le istituzioni dello Stato dall’interno”, è stata “la terza carica dello Stato” ed è “beneficiaria di un vitalizio pagato dai cittadini”. Il pm Giovanni Tarzia aveva spiegato che da lei è arrivata una “sostanziale mancanza di collaborazione”: nell’interrogatorio in indagini si è avvalsa della facoltà di non rispondere e in aula, in un’udienza in cui ha respinto le accuse, ha offerto “una ricostruzione confusa”, mentre da questa vicenda ha portato a casa “un guadagno in modo occulto”.
Le indagini – Dopo la chiusura indagine, la procura aveva chiesto il rinvio a giudizio l’11 maggio del 2022. A febbraio del 2022 il Riesame, accogliendo il ricorso del pm Giovanni Tarzia dopo la bocciatura da parte del gip, aveva disposto il sequestro di circa 3,5 milioni di euro a carico dell’ex deputata e di quasi mezzo milione a un suo consulente. Nell’inchiesta – condotta dagli uomini della Guardia di finanza – veniva ipotizzato un ruolo di intermediazione di Only Italia, società riconducibile a Pivetti, in operazioni del 2016 del Team Racing di Isolani, che voleva nascondere, secondo l’ipotesi dell’accusa, al Fisco (aveva un debito di 5 milioni) alcuni beni, tra cui le tre Ferrari. Attorno alle tre auto, secondo l’accusa, venne organizzata una finta vendita verso una società cinese. Quelle macchine, però, non erano mai arrivate, si leggeva negli atti, “nella disponibilità” dell’acquirente ‘sulla carta’, il gruppo cinese Daohe, ma sarebbero state trasferite da Isolani in Spagna, “dove tentò di venderle”. L’unico “bene effettivamente ceduto, ovvero passato” ai cinesi era stato, secondo gli inquirenti, “il logo della Scuderia Isolani abbinato al logo Ferrari”.
Se lo scopo di “Isolani e Mascoli” era quello “di dissimulare la proprietà dei beni e sottrarli” all’Erario, “l’obiettivo perseguito da Irene Pivetti” sarebbe stato quello “di acquistare il logo Isolani-Ferrari per cederlo a un prezzo dieci volte superiore al gruppo Dahoe, senza comparire in prima persona”. Attraverso la “complessa contrattazione” Isolani e la moglie, “simulando la vendita dell’intera scuderia, hanno di fatto ceduto soltanto il logo”, mentre Pivetti, per la Procura, ha comprato quel logo a 1,2 milioni di euro e lo ha rivenduto al gruppo cinese a “10 milioni”.
L’interrogatorio – Gli investigatori, tra l’altro, hanno seguito le tracce di un vorticoso giro di denaro, per oltre 7,5 milioni di euro, con rogatorie anche a Hong Kong. L’ex esponente leghista aveva chiesto di essere interrogata e aveva risposto alle domande del pm per 7 ore “ha spiegato e ricostruito correttamente i fatti che le contestano” e “ovviamente dopo una vicenda del genere ci si aspettava la richiesta della Procura, che discuteremo finalmente davanti al gup” aveva detto il legale.
Le accuse di evasione fiscale e autoriciclaggio sono “un romanzo d’avventure che finalmente in dibattimento smonteremo riga per riga. Ho tanto tempo davanti, non ho fretta. Ho diritto alla verità e alla mia reputazione. La ricostruzione del pm è smentita dai fatti e dai documenti, nel processo finalmente potrò riaffermare il mio buon diritto” aveva dichiarato Pivetti.