L’opinione pubblica si spacca in due sull’ipotesi di ripristino del servizio di leva per i neomaggiorenni. Questo il risultato di un sondaggio condotto dall’istituto di ricerca YouTrend per SkyTg24. Gli italiani sarebbero divisi a metà: il 47% è favorevole alla reintroduzione, mentre il 46% è contrario. Emerge poi una profonda spaccatura tra gli over 35 più a favore rispetto ai giovani che si dimostrano invece fortemente contrari.

Resta a quanto pare aperta la questione della leva. Avevo già espresso il mio punto di vista a luglio, in occasione dei vent’anni dall’approvazione della norma sulla sospensione del servizio militare obbligatorio. Le ragioni che nel 2004 indussero il legislatore a optare per un modello di esercito professionale sono oggi ancor più valide di allora: l’esasperata tecnologizzazione dei conflitti armati rende decisiva la preparazione tecnica dei soldati e molto meno utili gli schieramenti militari quantitativamente ampi.

Tornando al sondaggio, questo nuovo appeal di cui sembra godere la naja è probabilmente il frutto di quel sentimento che Zygmunt Bauman chiamava “retrotopia”, insomma la tendenza a idealizzare il passato, considerato più rassicurante del presente e soprattutto del futuro. Eppure, la legge che accantonò la coscrizione obbligatoria fu approvata con un’ampia e trasversale maggioranza e quella riforma fu il prodotto di un lungo dibattito politico partito almeno dagli anni Ottanta. Le notizie delle numerose morti di militari di leva negli scenari bellici internazionali e quelle sulle crudeltà del nonnismo avevano reso molto ampio il dissenso verso uno strumento ormai percepito come anacronistico e persino odioso. Ci confermiamo dunque un popolo di nostalgici smemorati.

Inoltre non si può escludere che la leva sia tornata di moda in conseguenza della diffusione di una certa retorica bellicista e della disillusione che attraversa le nostre vite dopo aver constatato che la guerra non rappresenta più, come in passato, una prospettiva del tutto remota. A queste motivazioni si aggiunge di sicuro l’idea che si è fatta largo di una improbabile funzione pedagogica del servizio militare. Sarebbe più serio impegnarsi per il sostegno delle famiglie e per il potenziamento dell’istruzione pubblica: i giovani si educano a casa e nelle aule scolastiche, non in caserma.

Per concludere, appare significativo lo scontro generazionale: da un lato i più maturi che si dicono favorevoli all’arruolamento obbligatorio, sapendo bene che non li riguarda; dall’altro i giovani, diretti interessati, che non mostrano entusiasmo per un’eventualità del genere.

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