Tra le centinaia di persone presenti al Bahia Beach di Molfetta quando è stata uccisa Antonella Lopez “nessuna” si è presentata agli investigatori per spiegare quanto aveva visto: una “condizione di omertà derivante dalla caratura criminale” dei giovani coinvolti. È quanto scrive il giudice per le indagini preliminari di Bari Francesco Vittorio Rinaldi nell’ordinanza di convalida del fermo di Michele Lavopa, il 21enne in carcere per l’omicidio della 19enne, avvenuto nella notte tra sabato e domenica scorsi, in una discoteca della città in provincia di Bari, e per il tentato omicidio di quattro ragazzi, tra i quali Eugenio Palermiti, 20 anni, rampollo del clan della criminalità organizzata del capoluogo pugliese e ritenuto il vero bersaglio.

A Lavopa viene contestata anche l’aggravante del metodo mafioso in quanto, sottolinea il gip, avrebbe agito “con modalità plateali, avendo portato al seguito l’arma” all’interno del Bahia Beach, facendone uso, “con spregiudicatezza e noncuranza delle condizioni di affollamento del locale”, in cui erano presenti centinaia di persone, “agendo a volto scoperto, nella consapevolezza che nessuno avrebbe reso dichiarazioni all’autorità giudiziaria, per effetto delle condizioni di assoggettamento ed omertà derivanti dal potere di intimidazione dei sodalizi di tipo mafioso, operanti sul territorio di Bari e provincia, nonché al fine di agevolare il sodalizio di tipo mafioso operante nel quartiere San Paolo di Bari, affermandone la supremazia mafiosa, in contrapposizione al clan Parisi-Palermiti”.

A giudizio del giudice per le indagini preliminari, infatti, ci sarebbe anche un fatto avvenuto nei giorni precedenti con protagonista Palermiti. Lo scorso 9 settembre, il 20enne nipote omonimo del capoclan del quartiere Japigia di Bari, dopo essere arrivato a bordo di una moto guidata da un amico, avrebbe estratto una pistola davanti alle persone sedute ai tavolini del bar di un benzinaio in viale Europa, nel quartiere San Paolo, una delle roccaforti del clan rivale Strisciuglio, “tentando di esplodere colpi d’arma da fuoco” e causando “la fuga dei presenti”. Un fatto, tra l’altro, per il quale è indagato per minaccia aggravata del metodo mafioso in un’indagine diversa di Dda e squadra mobile di Bari.

Lavopa, che avrebbe avuto dei problemi con Palermiti sia in passato (un pestaggio subito nel 2017) sia circa un mese fa, sarebbe stato “costretto a non farsi vedere in giro a Bari e a rimanere nei luoghi dallo stesso frequentati nel centro della città per poco tempo”, si legge ancora nell’ordinanza di convalida del fermo. Palermiti è stato individuato dalle telecamere di sorveglianza del bar e, durante una perquisizione, gli inquirenti hanno quindi ritrovato in suo possesso “abiti compatibili con quelli indossati dall’autore dalla minaccia con la pistola”. Lo stesso Palermiti ha detto agli inquirenti di aver usato una pistola a salve e di essersi recato sul posto insieme a un amico, rimasto ferito – come lo stesso Palermiti – nella sparatoria nella discoteca Bahia.

Riguardo all’omicidio in discoteca, nel corso della sua confessione, domenica sera, davanti al pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia Federico Perrone Capano e anche mercoledì durante l’interrogatorio di garanzia davanti al gip, Lavopa ha ammesso il delitto, determinato, secondo quanto ha raccontato, dal fatto di essersi sentito provocato nella discoteca dal gruppo di amici della ragazza, in particolare Palermiti. Il giovane, che ha riferito di essere andato armato in discoteca per difendersi da eventuali aggressioni, non rare nei locali notturni, ha anche detto che all’inizio insieme ai suoi amici (c’era anche la sua fidanzata) aveva deciso di lasciare quella zona della discoteca proprio per non avere fastidi ma poi, essendo stato circondato e insultato e soprattutto dopo aver visto Palermiti estrarre un’arma, ha impugnato la sua, detenuta illegalmente, e ha sparato colpendo alla spalla Lopez, che è stramazzata al suolo perché colpita a un gruppo di vasi sanguigni afferenti della aorta.

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