Con l’autunno stanno per arrivare i “sacrifici non banali” imposti dal nuovo Patto di stabilità e il lavoro sulle coperture della prossima manovra è talmente complicato da costringere il governo a pietire un contributo una tantum dalle banche. Il viceministro con delega al fisco Maurizio Leo ripone grandi speranze di gettito nel concordato preventivo biennale tra Agenzia delle Entrate e partite Iva, ma i primi dati dicono che rischia di finire in un memorabile flop. Così ferve il lavorio intorno al condono che nelle intenzioni della maggioranza dovrebbe stimolare le adesioni, da comunicare entro fine ottobre salvo proroghe. Fausto Orsomarso (FdI), Massimo Garavaglia (Lega) e Dario Damiani (FI), i tre senatori firmatari della proposta di una generosa sanatoria sulle cifre evase a partire dal 2018, hanno depositato giovedì sera una terza versione dell’emendamento al decreto Omnibus. Il voto è previsto per domenica, subito prima dell’approdo in Aula con probabile fiducia.
Se la precedente modifica si limitava a mettere una pezza ai più evidenti difetti tecnici del testo, escludendo per esempio dalla sanatoria il 2023 visto che per quell’anno sono ancora in corso le dichiarazioni, la nuova formulazione si concentra sulla modifica dei termini di accertamento. Cioè il tempo a disposizione del fisco per concludere i controlli sull’eventuale nero fatto in passato. Per chi accetterà la proposta di reddito formulata dalle Entrate e farà anche emergere soldi evasi tra 2018 e 2022 quei termini saranno prorogati di un anno, al 31 dicembre 2027, come già previsto dal primo emendamento.
La vera novità arriva per gli autonomi soggetti agli Indici di affidabilità fiscale (sono 2,7 milioni) che non parteciperanno a quello che l’emendamento definisce “ravvedimento speciale” ma decideranno di accettare il concordato. Finora nei loro confronti era prevista l’applicazione di tutte le premialità già concesse a chi ha un voto Isa superiore a 8, cioè è ritenuto un contribuente “fedele“. Tra queste la riduzione di un anno dei termini di accertamento. Adesso, se quest’ultima modifica passerà, si vedranno invece allungare di un anno il termine attuale. In pratica l’Agenzia potrà contestare i contenuti della dichiarazione per il 2018 fino al 31 dicembre 2025, mentre al momento la tagliola scatterebbe a fine 2024.
Nelle intenzioni è un incentivo a sanare, partendo dal presupposto che il 56% dei contribuenti Isa ha un punteggio sotto la sufficienza ed è quindi un potenziale evasore. Condonate e mettetevi in regola a prezzi di saldo, è il messaggio, o rischierete contestazioni. Considerata l’effettiva capacità dell’amministrazione di portare avanti un gran numero di accertamenti – finora smentita dai numeri – la minaccia può valere al massimo per chi ha evaso in maniera eclatante, ha un punteggio Isa molto basso e magari degli accertamenti già aperti su annualità precedenti. Per cui teme che il fisco abbia già drizzato le antenne nella sua direzione. Difficile che basti per rendere il concordato un successo.
Intanto l’Associazione nazionale dei commercialisti manda segnali di nervosismo. Il presidente Marco Cuchel, durante un convegno a cui ha partecipato anche Leo, ha ribadito la richiesta di rinviare la scadenza del 31 ottobre fissata per l’adesione. Ma ha anche derubricato tutta la riforma fiscale del governo a “mera riorganizzazione” che non incide “in maniera forte sulla complessità del sistema fiscale italiano” e ha lamentato che “poco si è fatto sull’emersione del sommerso per rideterminare la base imponibile abbassando la pressione fiscale”. Il viceministro ha abbozzato, rivendicando l’approvazione di 13 decreti attuativi della delega fiscale e assicurando che il concordato “sta suscitando grande attenzione” e “ci sono state modifiche importanti per renderlo più incisivo”. Non una parola sull’opportunità del nuovo condono.