"Una mattina mio padre ha preso l'accetta e l'ha uccisa": il racconto dell'ex calciatore della nazionale, oggi dirigente dell'Udinese
“Il mio invito ai ragazzi che possono avere la tentazione di buttarsi via davanti a queste tragedie è di cercare di reagire, anche se è dura, molto dura. Quando mia madre è stata uccisa mi sono messo a testa bassa e sono andato avanti nonostante il dolore“. La testimonianza è quella di Andrea Carnevale, ex calciatore del Napoli e della nazionale italiana, oggi dirigente dell’Udinese. Aveva 14 anni quando suo padre uccise la madre. Poi si suicidò, davanti al figlio dopo averlo aggredito e dopo cinque anni di detenzione in un manicomio criminale. Una strage familiare che ricorda quella di Nuoro consumata lo scorso 25 settembre: all’epoca coetaneo del ragazzino che ha visto morire i suoi famigliari e il vicino di casa sotto i colpi di pistola del padre Roberto Gleboni, Carnevale è stato intervistato da La Stampa per ricordare quanto accaduto: “La tragedia non mi ha spezzato moralmente, ho chiuso dolore e rabbia dentro un forziere e li ho usati per darmi forza. È giusto divulgare, voglio aiutare a far sì che cose del genere non si ripetano e fare sensibilizzazione. Alle mie figlie dico sempre: la prima volta che un fidanzato o un marito alza una mano su di voi, dovete lasciarlo. Alla seconda non ci dovete arrivare, perché quello lo rifarà, sicuro al cento per cento”.
“Mio padre era un uomo malato che non è stato curato”
“Mio padre si era fissato con l’idea che veniva tradito, una pazzia che si verifica anche oggi. Una mattina mio padre si è svegliato, ha preso l’accetta ed è andato ad ammazzare mia madre mentre stava lavando i panni al fiume vicino casa. Una delle mie sorelle era presente, io stavo giocando a pallone lì vicino. Ho raccolto il cervello di mia mamma nel fiume e l’ho portato alla caserma. Oggi però non ho rancore per nessuno: mio padre era un uomo malato che non è stato curato”. Era il 25 settembre 1975: Andrea Carnevale era un ragazzino di 14 anni con il sogno di diventare un calciatore professionista, tra le difficoltà di una vita privata dove il terrore e la paura avevano preso il sopravvento. “I segnali c’erano tutti, perché mio padre, che era tornato a casa dopo un anno passato a lavorare in Germania come operaio nelle ferrovie, ha cominciato a mostrarsi sempre più strano e spaesato, e poi a picchiare nostra madre davanti a noi, anche mentre cenavamo insieme la sera. Andai dai carabinieri più volte per sentirmi dire che se non vedevano il sangue non potevano farci niente. A casa c’era sempre un clima di terrore. Per anni mia madre ha preso schiaffi e botte davanti a noi”. Dopo l’omicidio, il giovane Carnevale ha portato i resti della madre dai carabinieri: “‘Hai visto che poi è successo?’, ho detto al maresciallo. “Quante volte sono venuto qui, adesso il sangue lo vedi‘”.
Il commento sulla strage di Nuoro
49 anni dopo, un’altra strage familiare. Questa volta a Nuoro: “È tremendo quello che sento negli ultimi tempi e non capisco come possa succedere. Un tempo i padri ammazzavano le madri, com’è successo a me, ma ora vengono colpiti anche i figli, e tutto questo è orrendo. Incredibile che nel 2024 accadano queste cose”. Cinque vittime, tra parenti e vicini di casa: tra i sopravvissuti, il figlio 14enne, rimasto solo come Carnevale (che ebbe la fortuna di avere accanto a sé le sorelle). “Ricordo che il paese di Monte San Biagio fece una colletta per farci andare avanti, credo che Nuoro ora dovrebbe aiutare questo ragazzo in ogni modo: a livello psicologico, economico, per la scuola o il lavoro. Quando manca la famiglia è la comunità che deve intervenire. Sono sempre stato realistico e penso che la realtà la devi accettare, per quanto terribile“.