Vladimir Putin ha annunciato una modifica della dottrina nucleare russa. Nel caso di attacco condotto con “armi aeree e spaziali” in territorio russo, Mosca prenderà in considerazione l’impiego di testate nucleari. “Nella versione aggiornata del documento – ha detto il capo della Federazione russa – si propone di considerare un’aggressione contro la Russia da parte di uno Stato non nucleare, ma con la partecipazione o il sostegno di uno Stato nucleare, come un attacco congiunto”.
Professor Enzo Cannizzaro, ordinario di Diritto internazionale e dell’Unione europea alla Sapienza di Roma, è un principio che ha un senso sul piano del diritto internazionale?
No, non ha alcun fondamento da un punto di vista tecnico. Secondo il parere della Corte internazionale di giustizia sulla liceità della minaccia e dell’uso delle armi nucleari, del 1996, sia la minaccia che l’uso delle armi nucleari sono “generalmente” proibite dal diritto internazionale. La motivazione principale è che le armi nucleari non distinguono, per loro natura, tra civili e militari, e ciò rende il loro utilizzo contrario al diritto umanitario. Nelle ultime righe del provvedimento, tuttavia, la Corte sembra indicare che il divieto di minaccia o uso delle armi nucleari potrebbe venir meno in una situazione di estremo pericolo per la sopravvivenza stessa dello Stato attaccato. Ma questa non è certo la situazione della Russia. Innanzi tutto, la Russia è l’aggressore e non l’aggredito. In secondo luogo, è l’Ucraina che, senza il sostegno degli Stati occidentali è messa pressoché tutti i giorni in pericolo.
Il ragionamento di Putin è che gli Stati che supportano Kiev siano anch’essi belligeranti. E’ un assunto sostenibile in base al diritto?
Qui si entra in un’area grigia. Il diritto “tradizionale” indica che gli Stati o sono neutrali o sono belligeranti. Ma il diritto è mutato nel tempo. Oggi si ammette largamente che fra lo status di belligerante e lo status di neutrale ci possano essere altre situazioni intermedie. Una di queste è proprio il sostegno militare a uno Stato attaccato da Stati terzi, i quali, però, non partecipano attivamente ai combattimenti. Sarebbe incongruo equiparare la fornitura di armi ed equipaggiamenti militare a un intervento diretto nei combattimenti. Alcuni studiosi indicano questa situazione come una “neutralità attiva”. Questa situazione è addirittura preferibile anche per il diritto internazionale. Il divieto assoluto di usare la forza ammette una sola eccezione: la legittima difesa, la quale può essere anche esercitata collettivamente. Ciò significa che gli Stati occidentali avrebbero il diritto di partecipare attivamente ai combattimenti per respingere l’aggressione russa. Ma la legittima difesa può essere esercitata con misure meno impegnative, e, cioè, con la fornitura di armi allo Stato aggredito, come sta avvenendo. Se la fornitura di armi venisse equiparata alla belligeranza il conflitto armato si allargherebbe mettendo a repentaglio la sicurezza internazionale.
Putin ha annunciato la nuova dottrina nucleare poche ore prima che Zelensky incontrasse Biden alla Casa Bianca e che quest’ultimo gli accordasse altri fondi e soprattutto i missili a lungo raggio.
Putin ha modellato la modifica sulla situazione in Ucraina: da quanto abbiamo letto, il presidente russo indica che le armi nucleari potrebbero essere usate da Mosca qualora ci fosse una violazione della sua integrità territoriale da parte di uno Stato sostenuto da Stati terzi in possesso di armi nucleari.
Sarebbe legittimo?
Non secondo il diritto internazionale. Se la Russia ritiene che la fornitura di armi sia un atto ostile può adottare contromisure, purché siano proporzionate. Mi spiego meglio: se gli Stati occidentali partecipassero attivamente, con proprie truppe, ai combattimenti, essi sarebbero senza dubbio belligeranti, e la Russia potrebbe rispondere con azioni militari contro di essi. Se gli Stati occidentali si limitano a fornire assistenza militare senza alcun coinvolgimento diretto nel conflitto la reazione deve essere proporzionata. L’uso delle armi atomiche sarebbe completamente sproporzionato e illegittimo.
Quali misure sarebbero proporzionate?
Siamo in una situazione ibrida nella quale gli Stati occidentali non sono del tutto neutrali, ma non del tutto belligeranti. Misure proporzionate potrebbero essere azioni economiche, e, cioè, ridurre o cessare i rapporti economici con tali Stati, o anche misure militari contro i convogli che portano le armi in Ucraina. Ma le misure dovrebbero essere, appunto, proporzionate all’azione degli Stati occidentali, i quali non sono i direttamente coinvolti nel conflitto.
E’ verosimile che Putin usi l’atomica?
Gli scenari sono molti e da tempo la Russia rivolge all’Occidente minacce di questo tipo. Io ritengo, senza avere certezze, che alle minacce non possano seguire azioni concrete. Un uso anche solo di armi nucleari tattiche sarebbe un passo verso la guerra nucleare globale, che avrebbe conseguenze del tutto imprevedibili anche, e forse soprattutto, per la Russia.
Da tempo si dibatte anche della legittimità dell’invasione del Kursk.
Kiev ha invaso il Kursk in risposta alla precedente aggressione subita da Mosca. Quella in atto nella regione è una manovra difensiva che rientra nella legittima difesa. Quest’ultimo è un principio che copre anche le manovre militari diversive e contrattacchi.
La Russia si riserva il diritto di rispondere a una aggressione anche contro l’alleata Bielorussia. E’ una posizione legittima?
No, non sta in piedi. Secondo il diritto internazionale uno Stato può difendere un alleato, ma l’Occidente non sta attaccando la Bielorussia, né ci sono avvisaglie in questo senso. E, in ogni caso, sarebbe Minsk a dover chiedere aiuto a Mosca. Putin ragiona come se la Bielorussia fosse territorio russo.
Il fatto che Putin abbia deciso di sospendere la partecipazione di Mosca al trattato New Start mette la Russia in una posizione illegale?
No. Da tempo la Russia cessa di collaborare alle intese dirette a verificare e ridurre gli armamenti nucleari. Sul tema della proliferazione nucleare esistono accordi tra gli Stati e una fitta rete di controlli e ispezioni amministrative che assicurano il rispetto di questi accordi. La Russia in questi due anni ha distrutto questa rete di cooperazione, ritenendo che il sostegno di Stati Uniti, Francia e Regno Unito a Kiev sia un strappo alla collaborazione fra questi Paesi e la Russia. È una misura comprensibile: è complicato instaurare una collaborazione con uno Stato in cui si è in cattivi rapporti.
Si parla da tempo di un ingresso dell’Ucraina nella Nato, come nell’Ue. Se Kiev entrasse nell’Alleanza atlantica prima della fine della guerra quali potrebbero essere le conseguenze?
L’Occidente ha il dovere morale e giuridico di assistere uno Stato attaccato, ma allo stesso tempo i passi che sceglie di fare devono essere prudenti e moderati. Dopo i fatti di piazza Maidan, l’Ue si affrettò a concludere con l’Ucraina l’accordo di associazione, un’intesa che lega strettamente l’economia di uno Stato terzo con quelle europee. Non era illecito farlo, ma nelle condizioni geopolitiche in cui ci troviamo oggi bisogna ben guardarsi dal fare un passo del genere. E’ una questione di saggezza politica. In linea di principio né l’adesione all’Ue e alla Nato dovrebbero essere realizzate in questo difficile momento. Nelle questioni internazionali bisogna usare il massimo della moderazione.
E se questa moderazione non venisse esercitata?
Anche se aderisse alla Nato, l’Ucraina non avrebbe il diritto all’entrata in guerra degli altri membri dell’Alleanza, come comunemente si crede, ma avrebbe diritto a quelle che i trattati definiscono “misure di assistenza”, che possono essere l’intervento militare diretto ma anche la fornitura di armi o l’assistenza logistica, politica o diplomatica. La reazione potrebbe essere di varia natura e in ogni caso sarebbe soggetta alla decisione dei singoli Stati.