Di fronte agli scenari apocalittici che si delineano nelle zone in guerra, meglio ripiegare sulle tragicomiche di casa nostra: la Camera ha approvato l’ennesima riforma della scuola con cui non si cambia nulla di sostanziale. Togli il voto di condotta, metti il voto di condotta. Non si potranno avere pieni voti senza il 9. Col 5 ti boccio, col 6 rimandato a settembre. Grandi novità. Togli la votazione numerica, rimetti i giudizi sintetici alle elementari, con l’unico intoppo che dobbiamo chiederci a quale voto corrisponde un certo giudizio. Un semplice problema di conversione. Abbiamo perso il conto di quante volte le “riforme” si sono sof-fermate su tale questione affatto dirimente. Lo stesso è successo negli anni passati con gli esami di Stato: tanti cambiamenti per una situazione sostanzialmente stagnante.
Nel frattempo la dura realtà è che nell’ultimo anno sono crollati 69 edifici scolastici. Siamo di fronte a numeri record. Il 59,16% delle scuole è senza certificato di agibilità, il 41,50% senza collaudo statico. 17mila scuole sono in zone a rischio. Si tratta di problemi gravissimi che andrebbero affrontati con un piano di investimenti molto consistente.
Al di là di ciò, da quando presi a esercitare la professione di insegnante, vado dicendo che, non volendo (né potendo, forse) intervenire con un radicale ripensamento dell’intero sistema educativo, l’unica riforma in grado di cambiare rapidamente le cose e arrestare l’attuale degrado sarebbe quella di creare classi con non più di quindici alunni. Si fronteggerebbe il problema del calo demografico delle ultime generazioni connesso all’invecchiamento della classe docente con mancato turn over dei pensionamenti. Un numero ridotto di studenti permetterebbe, anche in assenza di importanti interventi innovativi nel materiale didattico, di poter seguire i più bravi, con opportuni programmi di approfondimento, senza lasciar indietro gli ultimi, che potrebbero essere efficacemente recuperati per tempo.
La situazione opposta provoca un generale appiattimento, con i migliori che si annoiano e trovano stimoli esterni (per lo più in famiglia, col risultato di acuire le distanze sociali tra i ragazzi) e i peggiori che cadono nel “dimenticatoio” e nella dispersione scolastica senza lasciare traccia di sé. Infatti mia figlia, iscritta al primo anno di liceo classico, è stata inserita in una classe di 30 studenti.