Hanno dovuto fare i conti con una situazione meteorologica negativa tutti quelli che puntavano a un ricco settembre del turismo, con 15 milioni di presenze e un totale di 50,2 milioni di pernottamenti previsti, e finalmente un segno più, seppur debole (lo 0,6%), rispetto al 2023. Probabile che invece si dovrà continuare a parlare di ‘flessione del mercato percepita in tutte le aree del Paese’ per ‘la contrazione della domanda interna’ (-2,9% secondo Assoturismo Confesercenti).
E’ interessante notare una sorta di doppio processo di rimozione collettiva, a proposito di questa crisi strisciante di un settore economico strategico per il nostro Paese. Prima di tutto, si fa finta che tutto vada al meglio, grazie a un ulteriore boom delle presenze straniere, a partire dalle città d’arte o degli eventi come Milano. E poi, soprattutto, si tende a indicare l’aumento medio dei prezzi come causa esclusiva, invece che casomai principale, del trend negativo, senza voler tenere in considerazione anche le conseguenze della crisi climatica. Il che, peraltro, suona pure come l’ennesimo piccolo segno del fenomeno di rigetto nei confronti delle sensibilità ecologistiche.
Eppure da tempo in Europa si è cominciato a parlare del fenomeno cosiddetto della ‘cool-cation’ (cool+vacation), ossia del vero e proprio boom turistico del Nord e in generale dei luoghi con le temperature medie più fresche. E già nell’estate canicolare del ’23 si cominciavano a tracciare nuove rotte per i ‘coolvacers’, i vacanzieri del fresco.
E adesso in Italia, per ragionare con lucidità sulla crisi del turismo, basta guardare bene i dati stessi divulgati sull’ultima estate dall’associazione degli esercizi commerciali, che registrano “valori di forte diminuzione nelle località balneari (-4,1%), termali (-5,3%) e dei laghi (-3,7%)”, ovvero dove il caldo estremo s’è fatto sentire con più virulenza. E bastava anche aver dato un’occhiata al rapporto ufficiale sul climate change e l’evoluzione del turismo presentato a febbraio, e un po’ in sordina, dallo stesso Ente Nazionale del Ministero, l’Enit, e affidato agli esperti della Fondazione Santagata per l’Economia della Cultura con gli analisti dello Studio Giaccardi & Associati.
Quasi subito, in questo ponderoso studio che fa seguito e conferma varie altre analoghe previsioni, si può leggere: “La correlazione tra aumento delle temperature e rischio di riduzione delle presenze internazionali determina un evidente danno economico potenziale nelle 9 regioni più turistiche così ipotizzabile:
Temp +1,5°C -75,4 milioni di euro;
Temp +2,0°C -97,2 milioni di euro;
Temp +3,0°C -248,2 milioni di euro;
Temp +4,0°C -472,1 milioni di euro”. Sic!
Ed è una stima al ribasso: “Questi dati ipotetici – si legge nello stesso rapporto Enit – misurano necessariamente solo l’impatto nei flussi internazionali, mentre non possono ancora descrivere l’interezza del fenomeno che è, purtroppo, molto più ampio e articolato, quindi più grave. Infatti, dovremo comprendere anche l’impatto sulle presenze nazionali, quello sulle filiere economiche più collegate al turismo, come ad esempio agroalimentare, patrimonio culturale, immobiliare, mobilità, sanità, etc. e i maggiori costi necessari per rimediare gli effetti a volte drammatici degli eventi climatici estremi determinati appunto in gran parte dalla forzante calore”.
Forse adesso anche in Italia converrebbe individuare e valorizzare le località che meglio rispondono alle caratteristiche richieste dai ‘coolvacers’, basterebbe seguire l’avanguardia dei ‘turisti attivi’ germanofoni o del Nord, che ne hanno già selezionate parecchie. Per dire i primi esempi che mi vengono in mente, a pochi passa dal Garda trentino ci sono il Lago di Ledro e le valli limitrofe, che godono di un clima alquanto piacevole d’estate, pur non essendo in alta quota; le stesse Prealpi della Lombardia hanno splendide località più fresche sui versanti Nord; l’Alto Adige, poi, è una miniera di piccole destinazioni davvero cool, dall’Alta Venosta sopra Malles all’Alta Pusteria: c’è un vero e proprio giacimento di luoghi da valorizzare, insieme con l’offerta culturale, per cambiare rotta al turismo…
Bisognerebbe comunque ricordarsi d’importare dai Paesi del Nord Europa, più favoriti dal fenomeno della ‘cool-cation’, anche la spiccata attenzione alla salvaguardia dell’ambiente e i grandi sforzi per non incappare nelle vituperate conseguenze dell’overtourism. In Danimarca per esempio i comportamenti ecologici virtuosi dei turisti vengono addirittura ricompensati: Copenaghen – considerata già la terza destinazione turistica mondiale più virtuosa sotto il profilo della sostenibilità – ha messo a punto addirittura una carta ad hoc, ‘CopenPay’, sperimentata tra luglio e agosto, per spingere i visitatori a usare solo mezzi pubblici o bici, a tenere puliti parchi e aree naturali, a gestire bene la spazzatura e così via.