Si chiama Regina Martusciello, era una delle studentesse dell’istituto che frequentava Emanuela, il “Tommaso Ludovico da Victoria”e da cui uscì quel pomeriggio del 22 giugno del 1983 prima di sparire nel nulla
“Non eravamo proprio amiche: lei era molto più piccola di me, lei suonava il flauto e io cantavo. L’unico posto in cui eravamo insieme era a canto corale”: un’altra allieva della scuola di musica frequentata anche da Emanuela Orlandi, è stata ascoltata giovedi’ dai membri della Commissione parlamentare di inchiesta che indaga sulla scomparsa della cittadina vaticana e di Mirella Gregori. Si chiama Regina Martusciello, era una delle studentesse dell’istituto che frequentava Emanuela, il “Tommaso Ludovico da Victoria”e da cui uscì quel pomeriggio del 22 giugno del 1983 prima di sparire nel nulla.
Martusciello ricorda di essere stata interrogata all’epoca dalla polizia: “Mi vennero a prendere a Santa Severa da due mie amiche e ci interrogarono”. Riguardo alle domande, Martusciello ha ricordato che il “poliziotto insisteva molto sulla vicenda dell’Avon”. Emanuela prima di andare a lezione, lo ricordiamo, fu fermata a pochi passi dalla Basilica di Sant’Apollinare (sede della scuola di musica), davanti al Senato, da una persona che le proposte di distribuire volantini per conto dell’Avon a una sfilata delle sorelle Fontana per la cifra di 375mila lire. Questa è una certezza perché fu proprio la ragazza a riferirlo a sua sorella Federica da un telefono della scuola, chiedendole se potesse accettare quel lavoro e ci sono anche testimonianze di alcune sue amiche a cui disse di questo lavoretto che con ogni probabilità fu l’esca per mettere in atto il sequestro.
“Ci chiesero poi su Alberto perché sapevano che gli piaceva Emanuela ma non più di tanto. Io gli dissi che sì gli piaceva, ma niente di che”, ha riferito Regina. Proprio riguardo ad Alberto, l’ex allieva ha ricordato che era un ragazzo del gruppo al quale piaceva Emanuela: “A noi diceva: ‘Che dite? Mi guarda?’. Ma non succedeva proprio nulla – ha concluso – non ci era neanche riuscito a uscire ed Emanuela secondo me non lo sapeva nemmeno che a lui piaceva”. Nulla che potrebbe collegarsi al sequestro della 15enne vaticana ma soltanto questioni adolescenziali tipiche di quell’età e che troppe volte sono state tirate in ballo cedendo spazio a fantasiose ipotesi. Forse perché di un certo Alberto parlò anche il telefonista anonimo dall’accento straniero battezzato l’Amerikano, in una delle prime telefonate a casa Orlandi. L’uomo, per dimostrare di essere il sequestratore della ragazza, disse allo zio di Emanuela che faceva le veci del padre: “A vostra figlia piace un ragazzo di nome Alberto” e aggiunse: “fa il militare”. Quando Emanuela scomparve, il 22 giugno 1983, lui stava effettivamente facendo il militare a Orvieto, da appena un mese. Chi poteva saperlo? Come mai l’Amerikano sapesse di questa semplice cotta, dal momento che non fornì mai la prova di avere in ostaggio Emanuela Orlandi, è uno dei tanti punti oscuri di questa storia.