Ha fatto un certo rumore sulla stampa italiana la pubblicazione sulla rivista Nature di un articolo sulle passate temperature terrestri da parte del gruppo di Emily Judd, dell’Università dell’Arizona. Senza fare nomi, diciamo che molti commentatori non hanno dimostrato una gran competenza in materia di clima. Questo vale specialmente per la rumorosa banda di quelli che si impegnano in elucubrazioni su cose come gli elefanti di Annibale e i sentieri medievali sulle Alpi, arrivando poi trionfanti alla conclusione che “il clima è sempre cambiato”. Come se l’avessero scoperto loro e non fosse invece noto in climatologia da parecchi decenni.
In aggiunta, i giornali hanno fatto la loro parte per creare un po’ di confusione, come nel caso dell’articolo di Elena Dusi su Repubblica, ottimo come testo ma rovinato dal titolo che parla della “scoperta che l’uomo si è evoluto in un’era fredda.” Peccato che sia la scoperta dell’acqua calda (o meglio, fredda). È una cosa nota da decenni anche quella.
Allora, cosa dice di importante l’articolo su Nature? Forse il risultato principale è la conferma di una delle basi della moderna scienza del clima, ovvero che la temperatura terrestre e la concentrazione di CO2 nell’atmosfera sono correlate fra di loro in una relazione logaritmica. È un risultato notevole tenendo conto che lo studio si estende fino a 480 milioni di anni nel passato, da quando forme viventi complesse hanno cominciato a popolare i continenti.
Il lavoro di Judd conferma anche le ampie variazioni sia della concentrazione di CO2 sia delle temperature durante questo lungo periodo. Ci sono state ere glaciali e, all’opposto, periodi definiti come “serra calda” (“hothouse”) con temperature anche 20 gradi superiori. Oggi viviamo in un clima nettamente più freddo rispetto alla media delle ere passate. Gli esseri umani “moderni” esistono da meno di un milione di anni, probabilmente sono comparsi non più di 300mila anni fa, durante un’epoca di ere glaciali intermittenti e di basse concentrazioni di CO2.
Ma cosa ha causato queste variazioni? C’è ancora molto da lavorare su questo punto, ma sappiamo che i periodi di alta concentrazione di CO2 sono spesso il risultato delle gigantesche eruzioni vulcaniche note come “Lip” (Large Igneous Province). Per fortuna sono abbastanza rare, ma quando arrivano sono dei disastri planetari; una delle cause principali delle estinzioni di massa del remoto passato. Poi ci sono altri fattori geologici, come pure fattori biologici e astronomici. Ma, in ogni caso, il CO2 rimane di solito il fattore principale.
Ne consegue che continuando a bruciare combustibili fossili stiamo generando qualcosa di simile alle conseguenze di un’eruzione di tipo Lip. Ovvero, ci stiamo dirigendo verso condizioni di “serra calda” simili a quelle del tempo dei dinosauri, quando, secondo Judd, le temperature medie erano oltre il doppio di quelle attuali. Magari i dinosauri stavano bene al caldo, ma noi non siamo dinosauri. Pensate a cosa vorrebbe dire per noi ritrovarsi in una situazione del genere in tempi brevi. Anche senza tornare all’epoca dei dinosauri, bastano aumenti di temperatura molto minori per metterci in grave difficoltà. Ma alte concentrazioni di CO2 non causano soltanto aumenti di temperatura. Ci sono effetti per ora poco noti sull’acidità degli oceani, sul metabolismo della biosfera e sulla salute umana.
In sostanza, è perfettamente vero che il clima è sempre cambiato e che ci siamo evoluti in un periodo freddo e a basse concentrazioni di CO2. Proprio per questo dovremmo cercare di evitare di cambiare la composizione dell’atmosfera, cosa che ci porterebbe a condizioni nelle quali nessun essere umano è mai vissuto e nelle le quali non è affatto evidente che potremmo vivere. Pensateci prima di avventarvi sulla tastiera e scrivere che “il clima è sempre cambiato”, come se fosse una formula magica che risolve tutti i problemi.