“Hassan Nasrallah non sarà più in grado di terrorizzare il mondo“: l’annuncio, firmato dall’esercito israeliano, rappresenta un punto di non ritorno nella crisi del Medio Oriente. L’attacco del 27 settembre sferrato dall’aviazione di Tel Aviv contro il quartier generale del movimento sciita nella periferia sud di Beirut ha raggiunto l’obiettivo: eliminare il nemico storico di Israele, il leader di Hezbollah da 28 anni. Dopo qualche ora anche il movimento sciita libanese – che aveva fatto sapere di aver perso i contatti da venerdì sera – ha confermato il decesso con un comunicato in cui annuncia che “sua eminenza, il capo della resistenza, il servo giusto si è trasferito al fianco del suo Signore che lo apprezza come un grande martire. Si è unito alla carovana dei martiri di Karbala e ai suoi compagni, i martiri immortali di cui ha guidato la marcia per trent’anni, conducendoli di vittoria in vittoria“. L’organizzazione ricorda come Nasrallah abbia preso la guida del movimento nel 1992, conducendolo alla “liberazione del Libano nel 2000” e poi alla “vittoria del 2006” nella guerra dei 33 giorni contro Israele. E promette di portare avanti nel suo nome la resistenza armata: “La leadership di Hezbollah giura al martire più nobile, sacro e prezioso della nostra lotta costellata di sacrifici e martiri, che continuerà il suo jihad contro il nemico, a sostegno di Gaza e della Palestina, e in difesa del Libano e del suo popolo resistente e nobile”. “Nasrallah è stato uno dei più grandi nemici di Israele di tutti i tempi. La sua eliminazione rende il mondo un posto più sicuro”, è invece il commento del portavoce militare dell’esercito israeliano, Daniel Hagari. In serata il premier Benjamin Netanyahu ha commentato l’operazione in un videomessaggio registrato: “Hassan Nasrallah era “il terrorista”, il motore centrale dell’asse del male dell’Iran. Lui e i suoi uomini erano gli artefici del piano per distruggere Israele“. Uccidendolo, afferma, “abbiamo saldato i conti con i responsabili dell’omicidio di innumerevoli israeliani e di molti cittadini di altri Paesi, tra cui centinaia di americani e dozzine di francesi”.
Hassan Nasrallah will no longer be able to terrorize the world.
— Israel Defense Forces (@IDF) September 28, 2024
Dopo l’annuncio della morte del leader di Hezbollah, a Ghobeiri e in altri quartieri della periferia sud di Beirut si sono sentiti pianti disperati e grida: “Gli uomini piangono, le donne urlano. Abbiamo l’impressione che sia il giorno dell’Apocalisse”, racconta una giornalista del quotidiano in lingua francese L’Orient-Le Jour. Hamas, l’organizzazione islamica palestinese che controlla la Striscia di Gaza, lo ricorda in un comunicato in cui celebra “la sua carriera, ricca di sacrifici per la liberazione di Gerusalemme e della benedetta moschea di Al-Aqsa” e “le sue posizioni onorevoli a sostegno del nostro popolo palestinese”. Ancora nella mattinata di sabato, dall’Iran si sosteneva che Nasrallah fosse vivo: l’agenzia di stampa Tasnim, vicina ai Guardiani della rivoluzione, affermava che nessuno degli alti leader del gruppo libanese fosse stato ucciso nel raid. Una ricostruzione diametralmente opposta rispetto a quella delle Idf (Israel defense forces, l’esercito israeliano) che ha comunicato anche la morte del comandante del gruppo per il “fronte sud”, Ali Karaki, insieme ad altri vertici militari del Partito di Dio. “È semplice il messaggio per chiunque minacci i cittadini dello Stato di Israele. Sappiamo come raggiungervi“, ha affermato il capo di Stato maggiore delle forze israeliane (Idf), Herzi Halevi, che poi ha aggiunto: “Non è ancora finita. Non abbiamo esaurito tutti i mezzi a nostra disposizione”.
Secondo un retroscena pubblicato dal New York Times, i leader israeliani conoscevano da mesi la posizione di Nasrallah, ma hanno deciso di agire solo di recente, perché temevano sparisse in un altro luogo. Per ucciderlo sono state sganciate più di ottanta bombe: il corpo è stato identificato sabato mattina insieme Ali Karaki. L’operazione, raccontano due fonti citate dal quotidiano Usa, era stata pianificata all’inizio della settimana, quando i leader politici israeliani avevano parlato con le loro controparti americane della possibilità di un cessate il fuoco in Libano, e prima che Netanyahu lasciasse Israele per tenere il suo discorso all’assemblea generale delle Nazioni Unite.
Come è arrivata la notizia – Le prime notizie sulla sorte di Nasrallah sono arrivate durante la notte tra venerdì e sabato: una fonte vicina a Hezbollah ha dichiarato che il leader non era più raggiungibile. L’agenzia di stampa iraniana Tasnim riferiva che Nasrallah era “ancora vivo” e “in un luogo sicuro”, mentre fonti israeliane affermavano che la morte era “probabile”, dato l’enorme potenziale distruttivo del raid. In un primo momento Hezbollah non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali sulla sorte del suo leader, ma ha minacciato ritorsioni. La tv Al-Manar ha diffuso immagini delle macerie del quartier generale distrutto, accompagnate da messaggi che invitano i sostenitori a “pregare per la sicurezza del loro leader”
Il raid di Tel Aviv – Il raid ha avuto luogo nel pomeriggio di venerdì, pochi minuti dopo che il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, aveva terminato il suo discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, dove ha ribadito la necessità di una risposta militare decisa contro Hezbollah e Hamas. Il bombardamento ha colpito duramente Dahiyeh, considerata la roccaforte di Hezbollah a Beirut, lasciando sul terreno morti e feriti. Secondo i media libanesi, almeno sei persone sono rimaste uccise e 91 ferite nei violenti attacchi che hanno scosso l’intera città. Secondo l’esercito israeliano, inoltre, sono state distrutte decine di missili antinave in possesso di Hezbollah, immagazzinati sotto alcuni edifici di Beirut. Per l’Idf, Hezbollah disponeva di missili cinesi C-704 e C802, oltre ai missili iraniani Ghader, che hanno una portata fino a circa 200 chilometri. Questi missili erano conservati, gestiti e mantenuti da un’unità d’élite di Hezbollah, considerata altamente esperta ed erano immagazzinati nei depositi distrutti questa notte dall’esercito. Alcuni membri di questa unità avevano partecipato all’attacco contro la nave della marina israeliana Ins Hanit nel 2006, in cui persero la vita quattro marinai. Lo riferisce il Times of Israel.
Le altre vittime secondo Idf – Oltre a Nasrallah e Ali Karaki, l’esercito israeliano ha rivendicato l’uccisione di Muhammad Ali Ismail, numero tre di Hezbollah responsabile dell’unità missilistica dei miliziani nel sud del Libano, e del suo vice, Hussein Ahmad Ismail, in un attacco aereo. Non solo: l’Idf, le Forze di Difesa Israeliane, sostengono di aver eliminato anche Ahmad Muhammad Fahd, capo della rete di Hamas nella Siria meridionale, prima che portasse a termine un’operazione contro Israele.
Altri bombardamenti – L’escalation non si ferma qui. Israele ha intensificato gli appelli alla popolazione civile del sud di Beirut, invitandola a evacuare immediatamente le aree vicine ai siti di Hezbollah. “Hezbollah ha piazzato armi in zone civili, mettendo a rischio i cittadini libanesi per colpire i civili israeliani”, ha scritto l’Idf in un comunicato. “Continueremo a operare in modo preciso per smantellare le capacità offensive di Hezbollah”. Il ministero della Sanità libanese ha disposto l’evacuazione di tutti gli ospedali nella periferia meridionale di Beirut per prevenire ulteriori vittime civili in caso di nuovi attacchi. La Croce Rossa libanese, attiva nei soccorsi durante e dopo i bombardamenti, ha riferito che le ambulanze sono state impegnate per tutta la notte a trasportare i feriti nei pochi ospedali ancora operativi nella capitale.
Reazioni internazionali – A livello internazionale, la preoccupazione cresce. Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha lanciato un appello alla calma, chiedendo un immediato cessate il fuoco e invitando tutte le parti a evitare ulteriori provocazioni. “Il rischio di un conflitto su larga scala è reale e le conseguenze sarebbero devastanti per l’intera regione”, ha avvertito Guterres in una nota diffusa dalla sede Onu di New York. Gli Stati Uniti, tradizionali alleati di Israele, hanno ribadito il diritto di Israele a difendersi da minacce alla sicurezza, ma hanno anche sollecitato “moderazione” e “prudenza”. Washington teme che un conflitto aperto con Hezbollah possa coinvolgere altri attori regionali, in particolare l’Iran, storico sostenitore del gruppo sciita libanese. L’inviato speciale per il Medio Oriente, Brett McGurk, ha dichiarato: “Stiamo monitorando da vicino la situazione e lavoriamo con i nostri partner internazionali per prevenire un’escalation che potrebbe avere conseguenze imprevedibili.”