Il prof. Valditara è un ministro incompreso oppure solo incapace? La sua riforma del liceo economico del made in Italy è stata un clamoroso fiasco con pochissime iscrizioni. Lo stesso è accaduto con la riforma degli istituti tecnici alla quale ha aderito solo l’1% delle scuole interessate. Ora arriva anche il richiamo del Presidente della Repubblica che ha chiesto al ministro di migliorare la condizione economica dei docenti. Un’altra bocciatura, perché nel suo libro Valditara si era autoelogiato come il ministro che aveva dato più soldi ai docenti. Informazione scorretta e falsa che altrove ho smentito. Anzi, sarebbe ora che Valditara procedesse al rinnovo del contratto della scuola scaduto nel 2021.

Ma perché il Presidente Mattarella si è scomodato? Intanto Mattarella è stato ministro quando il ministero si chiamava ancora della pubblica istruzione e quindi conosce bene la situazione dei docenti e del personale scolastico. Siamo nel biennio 89-90 con il governo Andreotti. Dagli anni Novanta in poi la situazione economica dei docenti è costantemente peggiorata. Questa condizione è ben documentata dai dati di Education at a Glance, il rapporto annuale sull’istruzione nei paesi dell’Ocse. Dai numeri si ricava che oggi lo stipendio di un docente è pari al 75% dello stipendio medio di un laureato italiano. Ma non in tutti i paesi la situazione è così grama. Per esempio, in Germania i docenti ricevono un 10% in più del salario medio di un laureato. L’Italia è in fondo alla classifica insieme agli Usa e all’Ungheria con posizioni analoghe.

La situazione italiana è anche peggiorata nel corso del tempo. Sempre l’Ocse ha calcolato la variazione di salario dei docenti nel periodo 2015-2022. In molti paesi c’è il segno più, in altrettanti la variazione è stata negativa. I paesi peggiori sono stati la Grecia, -44%, e poi l’Italia -11%. I docenti italiani hanno pagato un prezzo elevato alle politiche di austerity della spesa. Ma la situazione dei docenti in Italia è ancora più negativa. Nel 2011 il Governo Berlusconi decretava il blocco della progressione economica dei dipendenti pubblici, rimosso solo dalla sentenza della Corte Costituzionale del 2016. Quindi lo stipendio dei docenti si è ridotto ben prima del 2015.

Se poi guardiamo all’attualità, la penalizzazione è ancora più forte. Il ministro Valditara ha promesso un rinnovo contrattuale che copre solo metà dell’inflazione che si è registrata dal 2022, con una perdita del potere di acquisto attorno al 10%. Per cui se sommiamo i tre elementi negativi, l’effetto del blocco di Berlusconi, la stima fino al 2022 dell’Ocse, la riduzione Valditara, possiamo dire che dal 2010 i docenti hanno perso circa il 25% del potere di acquisto del loro reddito. Un disastro economico e il richiamo del Presidente risulta più che giustificato.

Ma dove trovare i soldi per aumentare gli stipendi dei docenti? Intanto cerchiamo di quantificare la somma. Tenendo conto che oggi i docenti italiani sono circa 800mila, un aumento netto di circa 5.000 euro all’anno, costerebbe allo stato la somma di 4 miliardi. È importante parlare di cifre nette perché ogni aumento nominale si trasforma in tasse per circa il 50%, ritornando nelle casse dello Stato. I soldi ci sono, solo che sono stati spesi in altre direzioni politicamente più lucrose. Vediamo alcuni interventi. Gli sgravi fiscali dell’Irpef di Draghi sono costati circa 5 miliardi, così come quelli del ministro Leo del 2023. Poi c’è l’estensione della flat tax degli autonomi che ha sottratto all’erario circa 3 miliardi. Se poi andiamo più in là, mentre teneva bloccati i salari dei dipendenti pubblici perché non c’erano soldi, Renzi dava 80 euro ai lavoratori dipendenti con un esborso di 8 miliardi annui. Poi non dimentichiamoci della fiscalizzazione degli oneri sociali del governo Meloni, altri 7 miliardi, sempre annui. Quindi affermare che non c’era lo spazio fiscale per remunerare docenti, ma anche tutti gli altri dipendenti della pubblica amministrazione, è falso e ipocrita. Semplicemente si è usato il denaro sottratto al pubblico impego come bancomat elettorale, soprattutto a destra ma anche a sinistra.

La prima repubblica, a cui Mattarella appartiene, aveva tanti difetti ma un grande pregio, quello di tutelare i servizi pubblici e la pubblica amministrazione in generale. Poi è arrivata la misera seconda repubblica con la retorica berlusconiana (e renziana) dell’antistato e della riduzione a qualsiasi costo delle tasse per far spazio alle privatizzazioni. La PA, denigrata e quasi umiliata, ne ha sofferto e gli insegnanti in primo luogo in quanto laureati. Oggi gli insegnanti, mal pagati e socialmente poco considerati, comunque stanno svolgendo egregiamente il loro lavoro. Ma credo che prima o poi la pentola scoppi. Oppure, più semplicemente, migliaia di professionisti laureati tireranno i remi in barca. Ma sarebbe veramente un triste esito per molti laureati che hanno scelto la professione docente non certo per la parte economica, e nemmeno per le ferie estive o altri supposti privilegi come spesso si sente dire da un’opinione pubblica più disinformata che ostile, ma per qualcosa di diverso.

Spetta ora al ministro Valditara chiarire se vuole approfittare dell’inaspettato assist presidenziale per inaugurare una vera, nuova stagione per i docenti e tutto il personale scolastico. Ha una grande alleato, sarebbe un delitto sprecare questa opportunità.

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