La Corte Arbitrale dello Sport e le sue estenuanti tempistiche
E così, l’ultima parola decisiva sarà quella del Tas. Il futuro di Jannik Sinner dipenderà Tribunale Arbitrale dello Sport. Il caso Clostebol non è ancora chiuso. La WADA (Agenzia mondiale antidoping) ha deciso di fare ricorso alla Corte Arbitrale dello Sport di Losanna dopo il proscioglimento del tennista italiano, scagionato il 19 agosto dalla International Tennis Integrity Agency (Itia). La WADA aveva ancora qualche giorno di tempo per prendere una scelta: la deadline era fissata per fine settembre. Richiesta effettuata e ora tutto passa nella mani del Tribunale che ha sede a Losanna. Davanti a Sinner si prospettano due strade: l’assoluzione o la squalifica (che per “assunzione involontaria ma con negligenza” sarebbe di due anni con la possibilità di scendere a uno se si considerano le diverse attenuanti). In balia di una decisione che non può controllare, il numero 1 al mondo poggia le sue speranze nel precedente di José Luis Palomino. A far discutere, come sempre, sono gli estenuanti tempi di attesa: per conoscere il destino di Sinner si dovranno attendere almeno 6 mesi. I precedenti ci insegnano come la pazienza (mista all’inquietudine) sia la parola d’ordine per casi come questi.
Il precedente Palomino e i tempi di attesa
Stessa sostanza e ora, medesimo procedimento. Anche le tempistiche saranno le stesse? Tredici, come il numero di mesi che erano serviti al Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna per chiudere la vicenda doping e assolvere definitivamente José Luis Palomino, calciatore argentino ex Atalanta, oggi al Cagliari. I fatti risalgono al periodo in cui vestiva la maglia del club bergamasco. Il difensore classe 1990 era stato inizialmente deferito da Nado Italia e rinviato a giudizio dal procuratore Pierfilippo Laviani il 26 luglio 2022, dopo essere risultato positivo al Clostebol durante i controlli medici nel precampionato. Dopo aver puntato fin da subito sulla tesi difensiva di un’assunzione involontaria tramite una pomata, la versione di Palomino – sollevata anche dal Tna – era stata poi confermata dal Tas. Nel frattempo, l’argentino era già tornato a disposizione di Gian Piero Gasperini nel mese di novembre dello stesso anno. Questo il caso che più si avvicina a quello di Sinner.
Il mancato appello al Tas di Moraschini
Chi conosce fin troppo bene i tempi di attesa del Tas è Riccardo Moraschini. Il 6 ottobre 2021, il cestista italiano (all’epoca sotto contratto con l’Olimpia Milano, oggi alla Pallacanestro Cantù) era risultato positivo al Clostebol – tramite contaminazione involontaria per contatto indiretto – in seguito a un controllo antidoping. La Procura federale aveva, fin da subito, richiesto la sospensione dell’attività del giocatore per un anno. Richiesta a cui ha fatto seguito la condanna del Tribunale Nazionale Antidoping il 3 gennaio successivo. Essendo riconosciuto come atleta internazionale – in quanto appartenente al roster della nazionale olimpica durante i Giochi di Tokyo nel 2020 – Moraschini si sarebbe dovuto appellare al Tas e non a un istituto nazionale. Ecco il punto della questione: i tempi erano eccessivamente lunghi per poter giungere a una conclusione prima della naturale scadenza della squalifica inflitta. Durante l’udienza, la procura aveva ammesso il suo errore in primo grado. Dichiaratosi più volte innocente, Moraschini si era appellato alla Corte d’Appello che ha, però, giudicato inammissibile il suo ricorso senza che venisse valutata la correttezza o meno della condanna di un anno.
Lo sconto del Tas a Sharapova
L’8 giugno 2o16 Maria Sharapova era stata trovata positiva al meldonium (sostanza proibita dal 1° gennaio 2016) e aveva ammesso di averne fatto uso per oltre dieci anni in quanto non consapevole fosse doping. Inizialmente squalificata per 24 mesi – e, dunque, fino al 25 gennaio 2018 come stabilito dall’Itf – il Tas era stato in grado di ridurre la condanna a 15. Il Tribunale, oltre a determinare che Sharapova non era pienamente consapevole dei rischi nel prendere meldonium e oltretutto non aveva mai ricevuto avvisi specifici da Wada o Wta circa l’illegalità della sostanza, aveva creduto alla dimenticanza dell’agente Max Eisenbud. Accusata dal Tas di aver assunto Meldonium non secondo le regole previste era stata considerata negligente ma non completamente colpevole.
L’incubo durato più di 3 anni di Filippo Magnini
“Ho vinto. Il Tas mi ha assolto in pieno. È sempre stato così, le gare le ho sempre vinte negli ultimi metri. Mi hanno insegnato a non mollare mai. Sono sempre stato un atleta e una persona corretta. Tremo dalla gioia”, queste erano state le parole di Filippo Magnini dopo essere stato scagionato dal Tribunale Arbitrale dello Sport. I fatti risalgono all’ottobre 2017. Il due volte campione del mondo nei 100 metri stile libero era stato coinvolto nell’inchiesta del nutrizionista Guido Porcellini ed era stato squalificato per quattro anni dal Tribunale nazionale antidoping per violazione dell’articolo 2.2 del codice Wada. Condannato in primo (nel novembre 2018) e in secondo grado, perché sospettato di aver tentato di utilizzare sostanze dopanti, l’ex nuotatore avevo deciso di appellarsi al Tas che ha successivamente confermato l’innocenza.
Un’esclusione durata 8 anni
C’è stato un caso, forse il più controverso degli ultimi anni, in cui il Tas ha respinto il ricorso di una squalifica quasi decennale. Il profilo è quello di Alex Schwazer, ex marciatore italiano. Sarebbe bastato anche uno “sconto” di qualche mese ma così non è stato. La sua vicenda giudiziaria aveva avuto inizio il 23 aprile 2013, quando il Tribunale Nazionale Antidoping lo aveva squalificato per tre anni e sei mesi dopo essere stato trovato positivo all’eritropoietina durante un controllo a sorpresa effettuato dall’Agenzia mondiale. Otto anni fa, esattamente l’11 agosto 2016, la seconda squalifica che non gli aveva permesso di partecipare alle Olimpiadi di Rio de Janeiro: un campione prelevato nel mese di gennaio era risultato positivo ai metaboliti di testosterone. Se Schwazer non aveva mai negato di essersi dopato una prima volta, lo stesso non si può dire della seconda (sempre contestata dal campione olimpico della 50 km di marcia di Pechino 2008). Entrato in gioco il Tas, lo stesso aveva respinto il ricorso dei legali del marciatore italiano che avevano richiesto la sospensione della squalifica (confermata a 8 anni).