di Michele Canalini
La scuola, più che ricercare una forma di cultura d’impresa o accompagnare gli allievi a perseguire l’utile come fine dell’apprendimento, dovrebbe insegnare a desiderare il bello. Lo spiega bene una frazione di Fiumara, in provincia di Reggio Calabria, chiamata Borgo Croce. Chi ha avuto modo di visitarla avrà trovato non un borgo abbandonato e fatiscente ma un paese rinato grazie alle iniziative dei residenti. Al posto di case diroccate e pareti spoglie, avrà visto dipinti sulle porte degli ingressi, illustrazioni alle finestre, poesie scritte sugli intonaci, percorsi letterari sul selciato, fumetti sulle ante e sugli stucchi, e tanti luoghi colorati e pieni di odori, tutto all’insegna della rinascita e della bellezza.
Perché proprio in un luogo animato dalla bellezza si vive meglio e Borgo Croce si offre come uno straordinario esempio di creatività, quale una goccia di fantasia nel cuore della Calabria.
Ha scritto sabato scorso, sul Foglio, Stefano Picciano: “Forse ciò che desta la domanda è la bellezza. Quella bellezza che la scuola talora sacrifica in nome della strumentalità, degli obiettivi inerenti al mondo del lavoro, di ciò che Friedrich Schiller definì ‘il grande idolo del nostro tempo’: l’utile. Bisogna avere la lealtà di riconoscere che cosa accade quando gli studenti sperimentano la gratuità dell’arte, l’immersione nella letteratura, la densità della poesia, la complessità del ragionamento, le profondità della storia: tutto ciò che non ha utilità pratica immediata, perché si orienta a un obiettivo ben più rilevante e nobile, che è il bene della persona”.
La bellezza, purtroppo, la si percepisce anche in sua assenza. Lo ricordava Peppino Impastato (Luigi Lo Cascio) nel film “I cento passi” nella scena in cui osservava dall’alto la realizzazione di un’altra pista all’aeroporto Punta Raisi di Palermo: “In fondo per tutte le cose, una volta fatte, si trova una giustificazione, si ricava una logica per il solo fatto di esistere. Ma nessuno si ricorda più come era prima, ci vuole un attimo a distruggere la bellezza. Allora, invece della lotta politica, della coscienza di classe, ecc, bisognerebbe ricordare alla gente che cos’è la bellezza, aiutarla a riconoscerla, a difenderla, perché da quella discende tutto il resto”.