Giustizia & Impunità

“Giustizia tardiva per la strage di Marzabotto. Frapposti ostacoli alla verità in nome della ragion di Stato, come in altri crimini politici”

C’è stata giustizia per l’eccidio di Monte Sole? È una domanda legittima nel giorno in cui si ricordano gli 80 anni passati dai massacri passati alla storia come la strage di Marzabotto, dove sorge il sacrario che ricorda come tra il 29 settembre il 5 ottobre 1044 i nazisti, con l’aiuto dei fascisti, trucidarono almeno […]

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C’è stata giustizia per l’eccidio di Monte Sole? È una domanda legittima nel giorno in cui si ricordano gli 80 anni passati dai massacri passati alla storia come la strage di Marzabotto, dove sorge il sacrario che ricorda come tra il 29 settembre il 5 ottobre 1044 i nazisti, con l’aiuto dei fascisti, trucidarono almeno 770 persone sull’Appennino bolognese. Erano soprattutto anziani, in alcuni casi decapitati: donne, stuprate e uccise; bambini gettati vivi tra le fiamme. La vittima più giovane della ferocia nazista era nata due settimane prima.

“Seppur tardiva, la giustizia c’è stata” dice Andrea Speranzoni, avvocato di parte civile nei processi e autore dei libri A partire da Monte Sole e Le stragi della vergogna. Per il legale, che tutela anche i famigliari delle vittime della strage di Bologna: “È fondamentale far comprendere ai giovani che la democrazia repubblicana, le libertà che possediamo, la centralità della persona come valore e la stessa Costituzione nacquero in luoghi di martirio come Marzabotto“. I familiari delle vittime dei crimini di guerra – nonostante gli ostacoli e i dossier sulle violenze vergognosamente nascoste – hanno cercato di ottenere ascolto nelle loro richieste. “Come in altre vicende gravi di crimini politici accadute in Italia, gli ostacoli alla verità anche in questo caso son stati frapposti”.

Una battaglia arrivata nelle aule di giustizia europea con la Corte di giustizia internazionale che nel 2012, accogliendo la richiesta della Germania, decise che le richieste dei familiari delle vittime italiane violavano il diritto internazionale. Con gli accordi di Bonn (1961-1963) con il versamento di 40 milioni di marchi tedeschi la Germania considerava chiusi i conti. Il 2014 però la Corte costituzionale decise l’inapplicabilità del principio di immunità in caso di Stati che non abbiano rispettato i diritti inviolabili dell’uomo, come appunto nel caso della Germania nazista. Ma mai nessun erede delle vittime ha ricevuto un risarcimento. Il 30 aprile 2022 (governo Draghi) approvò un decreto legge che stabilì un limite, il 30 maggio 2022, per ottenere un ristoro. Fu istituito anche un fondo per i risarcimenti.

Avvocato Speranzoni, c’è stata giustizia per l’eccidio di Monte Sole?
I processi penali che hanno giudicato le responsabilità per la strage di Monte Sole, dal dopoguerra ad oggi, sono stati due. Quello celebrato davanti al Tribunale di Bologna nel 1951 contro l’ex Maggiore delle SS Walter Reder, che comandava il 16° Reparto esplorante della 16^ Divisione Reichsfuhrer SS responsabile del massacro e che venne condannato alla pena massima ed il processo che iniziò nel 2005 davanti al Tribunale Militare di La Spezia e che tre anni dopo di concluse con 10 condanne alla pena dell’ergastolo. In quest’ultimo processo vennero imputati, giudicati e condannati Ufficiali delle SS che comandavano i plotoni e le squadre di SS e che coordinarono sul campo i massacri di civili. Si tratta di Paul Albers, Josef Baumann, Hubert Bichler, Max Roithmeier, Adolf Shneider, Max Schneider, Heinz Fritz Trager, Helmut Wulf, Georg Wache e Wilhelm Kusterer. Una giustizia, sia pur tardiva rispetto al giudizio dei primi anni Duemila, c’è dunque stata.

Possiamo riassumere l’iter processuale penale e perché i condannati non hanno mai fatto un giorno di carcere?
L’esecuzione delle pene irrogate dalla giustizia militare italiana fu chiesta, ma la tempistica dell’iter procedurale e le progressive condizioni di salute dei condannati residenti in Germania rese impossibile l’esecuzione delle condanne. Le indagini degli anni 2002-2004 condotte dalla Procura Militare di La Spezia e da un efficientissimo pool di polizia giudiziaria coordinato dal Procuratore Marco De Paolis e il processo che ne seguì ritengo costituiscano un punto di approdo fondamentale alla verità giudiziaria sulle stragi di civili che le SS compirono a Monte Sole fra il 29 settembre ed il 5 ottobre del 1944. Il processo spezzino infatti, a differenza del processo del 1951, ha visto l’applicazione del rito accusatorio e ha posto al centro della ricostruzione dei testimoni e il principio di oralità. Inoltre le vittime del massacro nel 2005 si costituirono parte civile. Cosa non possibile nel 1951. È stato quindi possibile ricostruire nel dettaglio ogni singolo episodio di strage, utilizzando la memoria diretta dei testimoni, recuperando le cartografie dei luoghi dell’epoca e collocando le Compagnie militari del 16° Reparto Esplorante delle SS in ogni casolare e zona dove i civili venivano ammassati e trucidati. In questo giudizio io difesi 83 familiari delle vittime ed il ricordo di ogni udienza rimane impresso nella mia memoria, per la drammaticità e l’orrore delle testimonianze dei superstiti, all’epoca bambini o adolescenti.

Perché alcune istituzioni italiane hanno nascosto in un armadio una parte così sconvolgente della storia contemporanea europea?
Ritengo che l’insabbiamento nel cosiddetto armadio della vergogna di 695 fascicoli di indagine su eccidi nazifascisti, fra cui quello di Marzabotto-Monte Sole, rientri nella logica non accettabile della ragion di Stato. Quest’ultima ha una data precisa, il 14 gennaio 1960 ed una formula priva di logica giuridica, l’archiviazione provvisoria, un ossimoro durato 34 lunghi anni. Con questa formula insensata di natura burocratica, migliaia di famiglie vennero private della possibilità di un giudizio, di un processo, di un momento istituzionalmente deputato all’accertamento della verità. Con la legge n. 107 del 15 maggio 2003 venne istituita una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause dell’occultamento dei fascicoli relativi ai crimini nazifascisti le cui conclusioni contengono numerosi documenti in grado di collocare tale scelta nel contesto sociale e politico del tempo. Anche il Consiglio della Magistratura Militare condusse una propria indagine sulle ragioni dell’occultamento da cui scaturì una delibera il 23 marzo del 1999, le cui parole sono eloquenti: “La mancata trasmissione degli atti dalla Procura Generale militare presso la Corte di Cassazione agli uffici di Procura territorialmente competenti fu il frutto di determinazioni contrarie alla legge e la qualificazione in termini di illegalità della cosiddetta ‘archiviazione provvisoria’ appare necessaria per una ricostruzione della verità storica”. Come in altre vicende gravi di crimini politici accadute in Italia, gli ostacoli alla verità anche in questo caso son stati frapposti. Il che rende ancora più significativo il percorso di giustizia realizzato 20 anni fa. Alla ragion di Stato vanno contrapposti i valori democratici e le norme della Costituzione repubblicana.

Cosa significa questo anniversario nell’Italia e nell’Europa attuali?
Gli 80 anni trascorsi dal più grave massacro di civili commesso dalle truppe nazifasciste nell’Europa Occidentale sono un tempo relativamente breve. Tutto è molto più vicino a noi di quanto si possa pensare. Sono le grandi trasformazioni tecnologiche delle società, compresa quella europea, che ci fanno percepire come lontani il contesto contadino ed i crimini di guerra come quelli di Marzabotto. Il fenomeno che caratterizzò il massacro di bambini, donne e persone anziane totalmente estranei alla Resistenza partigiana fu quello della loro deumanizzazione da parte dei carnefici. Persone ridotte a cose, reificate, o come scriverebbe il filosofo Giorgio Agamben trasformate in ‘nuda vita’. Le vittime civili delle guerre contemporanee e di quelle che anche in Europa la seconda parte del Novecento ci ha mostrato (si pensi ai crimini commessi nella ex Jugoslavia) rientrano nel fenomeno dello stato di eccezione. Questo anniversario ci deve far comprendere che il passato recente è quello del 1944 e ha ancora molto da dire e da insegnare ai cittadini italiani ed europei. Su tutto: il ripudio della guerra e l’utilizzo di ogni forza istituzionale e non per costruire percorsi di pace, cooperazione e convivenza fra i popoli.

C’è il rischio che le stragi nazifasciste vengano dimenticate e restino “impunite” anche nella memoria collettiva?
Il rischio si può creare se si abbandona la riflessione su quei fatti e se si rinuncia a trasmetterne la portata e a spiegarli alle generazioni più giovani. È fondamentale far comprendere ai giovani che la democrazia repubblicana, le libertà che possediamo, la centralità della persona come valore e la stessa Costituzione nacquero in luoghi di martirio come Marzabotto. La memoria collettiva ritengo abbia quindi estremo bisogno di politiche culturali in grado di formare le coscienze e di una narrazione pubblica basata sui fatti. In questo senso anche le sentenze relative a questi crimini sono importanti, così come le testimonianze di chi è sopravvissuto. Bisogna inoltre ricordare anche che le SS erano spesso guidate da fascisti italiani nei territori, spesso impervi, delle stragi di civili.

C’è qualcosa che la colpì di particolare nel processo militare di La Spezia?
Mi è rimasta impressa la reticenza di due testimoni appartenuti alle SS che vennero sentiti in aula e l’assenza di qualsivoglia pentimento in capo agli autori di questi orribili crimini. Albert Meier, un indagato, poi deceduto nel corso delle indagini, si vantò di aver ucciso nell’oratorio di Cerpiano decine di bambini e donne a colpi di mitraglia e bombe a mano. Nessuna rielaborazione delle proprie azioni era stata fatta.