Giustizia & Impunità

Caso dei ‘camion benedetti’, l’imprenditore che stalkerizzò il cronista del Fatto può tornare a lavorare (con limitazioni orarie)

Potrà andare a lavorare a Cellole (Caserta) con una delle sue aziende edili colpite da interdittiva antimafia, seguendo rigide prescrizioni sugli orari di uscita e rientro da casa, non prima delle 6 e non dopo le 22. Dopo otto mesi trascorsi tra arresti domiciliari e qualche giorno di carcere, Salvatore Langellotto ottiene una parziale forma […]

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Potrà andare a lavorare a Cellole (Caserta) con una delle sue aziende edili colpite da interdittiva antimafia, seguendo rigide prescrizioni sugli orari di uscita e rientro da casa, non prima delle 6 e non dopo le 22. Dopo otto mesi trascorsi tra arresti domiciliari e qualche giorno di carcere, Salvatore Langellotto ottiene una parziale forma di libertà: un obbligo di dimora nella città del casertano, accompagnato dall’obbligo di firma pomeridiana nella caserma dei carabinieri di Cancello Arnone. È la decisione del giudice di Torre Annunziata Maria Camodeca che ha accolto l’ennesima istanza ‘de libertate’ avanzata dall’avvocato Antonio Di Martino, il difensore dell’imprenditore dei ‘camion benedetti’, pregiudicato di camorra (4 anni e mezzo per concorso esterno in un clan dei Monti Lattari) ed imputato per aver mandato all’ospedale l’ambientalista Wwf Claudio d’Esposito e per aver stalkerizzato il giornalista del Fatto Quotidiano Vincenzo Iurillo. Nell’istanza l’avvocato Di Martino ha fatto riferimento a un contratto per dei lavori edili iniziati a gennaio e non completati: “livellamento e riempimento lotto per attività produttive”.

Il processo intanto è in corso da luglio. Prossima udienza ad ottobre. Iurillo e d’Esposito sono difesi dagli avvocati Salvatore Pinto e Gianni Pane, si sono costituiti parte civile anche il Wwf e Seif, la società editrice de ‘Il Fatto quotidiano’. Nei capi di imputazione e negli atti si fa riferimento alla benedizione religiosa dei camion che Langellotto ottenne dal parroco di Sant’Agnello, don Francesco Saverio Iaccarino, per la quale sono entrambi indagati. La storia è nota: i cinque mezzi pesanti entrarono nella piazza del sagrato chiusa al pubblico, rompendo un lucchetto, tra lo stridore dei clacson e il traffico bloccato dalle 10 alle 11 circa del 30 dicembre scorso. Il tutto avvenne a circa 200 metri dal luogo dove Langellotto aveva aggredito d’Esposito qualche mese prima, per rancori legati alle denunce dell’ambientalista che impedirono la realizzazione di 228 box in un ex agrumeto di Sorrento.

Quella mattina, in mezzo ai camion, l’imprenditore si fece intervistare dalla testata positanonews annunciando progetti di sviluppo in altre regioni. “Siamo molto cattolici”, spiegò così la benedizione in pubblico. Iurillo una settimana dopo ne scrisse sul sito del Fatto e poi arrivò il programma delle Iene. Troppo succulento il racconto della storia di un paese paralizzato per qualche ora per consentire l’esibizione di forza di un imprenditore con quei precedenti penali, e con la complicità della Chiesa locale, mentre un altro parroco a Sorrento pochi mesi prima era stato promotore di una marcia di solidarietà per l’ambientalista aggredito. Pochi giorni dopo Iurillo fu inseguito da Langellotto in una farmacia e poi scattarono le due distinte misure cautelari. Per la ‘benedizione’ Langellotto e il parroco sono indagati. Ce n’è traccia pure nell’istanza accolta dal giudice, quando è sottolineato che l’impresa edile che lavorerà a Cellole è intestata alla moglie dell’imprenditore, ma il preposto è lui. “Infatti la benedizione dei camion, che fa parte di autonomo procedimento, è stata fatta da Langellotto e non dalla moglie”, scrive l’avvocato. Si tratta della San Giuseppe srl. E’ una delle 14 ditte della costiera sorrentina colpite a febbraio da interdittiva antimafia perché riconducibili a Langellotto.