Nulla di nuovo sotto il sole (e la pioggia) del Sahel. Così scriveva il saggio tanto tempo fa quando, ancora con onestà, si osservava la condizione umana nella sua drammaticità. Oggi si preferisce piuttosto descriverla come spettacolo. Le vittime, così come i drammi che si ripetono nel Sahel e altrove, confermano che il ‘nuovo’ è già accaduto. C’è forse qualcosa di cui poter dire ‘ecco finalmente qualcosa di nuovo’… ciò era già stato nel tempo che ci ha preceduto e di cui non si serba alcun ricordo. Vanità delle vanità, scriveva il saggio, tutto è vanità. C’è un tempo per tutto e tutto per un tempo, dice il saggio. Un tempo per cercare e uno per perdere.
In questo contesto ‘vanità’ va interpretato come sinonimo di soffio, alito, bruma del mattino che svanisce con l’arrivo del sole. Vanità sono le inconsistenze che sono presentate al popolo come necessarie. Come vaghe promesse di un mondo e futuro migliore che, certamente, arriverà domani o comunque a breve. Questione di giorni, anni o generazioni ma che, senza dubbio, accadrà quanto prima. L’arte della guerra continua a trasmettersi e, peggio ancora, quando si prende Dio come ostaggio, si giustifica. C’è un tempo per tutto, dice il saggio. Un tempo per tacere e uno per parlare.
Non c’è nulla di nuovo sotto il sole del Sahel. Così sembra nell’accaparramento, gestione e conservazione del potere politico, economico e religioso. Da elite civili a quelle militari purché il popolo degli umili, cioè il popolo di sabbia, sia escluso, controllato e condotto nella direzione stabilita dagli ‘illuminati’ del momento. Vanità sono le parole che non hanno più nessuna relazione con la verità e diventano il mezzo per imprigionare la realtà nell’ideologia dominante. La menzogna si riproduce grazie alla complicità delle parole vendute al vento. C’è un tempo per tutto, scrive il saggio.
Un tempo per dare la vita e uno per morire. Un tempo per piantare e uno per sradicare. Un tempo per distruggere e uno per costruire. Un tempo per gemere e uno per danzare. Vanità delle vanità, tutto, diceva il saggio, è vanità. I regimi di eccezione, quelli di transizione, le monarchie, le repubbliche e le dittature che preparano la democrazia, per finire nelle mani dei detentori di denaro contante. Anche questa è vanità, direbbe il saggio. C’è un tempo per tutto. Un tempo per essere cittadini e un tempo per vivere come schiavi. Un tempo per strappare e un tempo per unire.
Non c’è nulla di nuovo sotto il sole del Sahel. Passano le stagioni e passano anche i diritti che si pensavano inespugnabili. Il diritto di pensiero, della mobilità, di associazione, di professare convinzioni politiche e religiose, il diritto all’informazione e soprattutto il diritto a una vita decente. Vanità delle vanità, tutto è vanità, immagina il saggio. Perché c’è un tempo per ogni cosa e ogni cosa per un tempo. Un tempo per la guerra e uno per la pace, che è quanto il Sahel e il mondo hanno smarrito. Quest’ultima è come un sentiero che, smesso di percorrere, è andato smarrito. Solo coloro che camminano disarmati ne ricordano l’esistenza, la direzione e il segreto.