Per l’eccidio di Monte Sole – passato alla storia come la strage di Marzabotto dove sorge il sacrario – ci sono stati due processi penali. La prima condanna risale al 1951 nei confronti del Maggiore Walter Reder, morto nel 1991. L’ufficiale delle Waffen-SS durante la guerra venne trasferito alla divisione Reichsführer-SS responsabile del massacro di almeno 770 persone: perlopiù anziani, donne e bambini. Al termine della guerra Reder venne estradato in Italia, nel maggio del 1948, con l’accusa di crimini di guerra. Giudicato colpevole da un Tribunale militare di Bologna nel 1951, venne condannato al carcere a vita, ma venne rilasciato il 24 gennaio 1985 e si trasferì a Vienna, dove morì nel 1991. Reder ritrattò le dichiarazioni di pentito e la richiesta di scuse per la strage nazifascista più grave avvenuta in Europa occidentale.
L’armadio della vergogna – Tre anni dopo il decesso dell’ufficiale nazista esplose il caso dell’armadio della vergogna: il ritrovamento di 695 fascicoli d’indagine all’interno di Palazzo Cesi a Roma sede della Procura Generale Militare nell’estate del 1994 nell’ambito delle indagini sul capitano delle SS Erik Priebke. Fu trovato un un registro generale con 2.274 notizie di reato riguardanti gli agghiaccianti crimini di guerra commessi in Italia dal 1943 al 1945, durante l’occupazione nazifascista. Tra gli altri eventi c’erano gli eccidi di Sant’Anna di Stazzema, delle Fosse Ardeatine, di Marzabotto, Monchio e Cervarolo, Coriza, Lero, Scarpanto, del Duomo di San Miniato e dell’Alto Reno. I fascicoli erano stati raccolti nel corso degli anni e “provvisoriamente archiviati” nel 1960, proprio in quell’armadio dove furono ritrovati oltre 30 anni dopo. Nonostante la scoperta su di essi rimase il Segreto di Stato fino a quando la commissione d’inchiesta declassificò i documenti.
Il processo – È così che fu avviato il procedimento penale istruito dalla procura militare della Spezia, con il pm Marco De Paolis. Il processo, nei confronti di diciassette ufficiali e sottufficiali delle SS, autori delle atrocità subite dalla popolazione civile, iniziò nella primavera del 2005, il 13 gennaio 2007 il Tribunale militare della Spezia (presidente Vincenzo Santoro) dichiarò responsabili del massacro dieci dei diciassette imputati condannandoli all’ergastolo.
“Ritiene il Tribunale che la drammatica incisività di quanto ricostruito in fatto sulla scorta degli strazianti riferimenti dei sopravvissuti sentiti come testimoni, e delle risultanze di tutte le altre dichiarazioni acquisite, costituisca la conferma più pregnante della ricorrenza dell’aggravante (della crudeltà, ndr). Uno sconvolgente eccesso di malvagità emerge, infatti, dai dolorosi racconti dei testimoni, i quali hanno dato modo di ricostruire dettagliatamente la materialità dei fatti, connotati, sia nel loro profilo ideativo che nell’estrinsecazione esecutiva, da una spietatezza e da una insensibilità morale che hanno toccato livelli difficilmente immaginabili” che colpirono anziani, in alcuni casi decapitati; donne, stuprate e uccise, e 217 bambini ammazzati e in alcuni casi dati alle fiamme.
Ordini, avevano sostenuto gli imputati, ma per il collegio: “La gratuità di certe condotte, che va ben al di là del necessario, è, per contro, indice di sentita partecipazione ed attenta esecuzione e conferma come l’intera ideologia delle SS fosse orientata ad operazioni come quella di Marzabotto” dove “diffusa ed intrinseca fu la ferocia dei mezzi e dei metodi usati nel compimento dell’efferato eccidio, manifestazione di una tristemente nota connotazione della 16a divisione SS”.
L’appello e la Cassazione – Il 7 maggio 2008 si era celebrato a Roma davanti alla Corte militare d’Appello il processo di secondo grado che aveva confermato tutti gli ergastoli inflitti in primo grado dichiarando estinto il reato per morte del reo per un imputato e assolvendo per insufficienza di prove un altro nazista. La Corte aveva inoltre condannato all’ergastolo un imputato assolto in primo grado. Gli ergastoli quindi inflitti sono stati nove. Uno solo degli imputati, poi morto, aveva fatto ricorso in Cassazione. Nove quindi le condanne definitive senza un giorno di carcere per gli imputati tutti contumaci. Storia a parte i processi civili per cercare di ottenere un risarcimento, una lunga e faticosa battaglia ancora in corso.