Molti pensano che l’Intelligenza Artificiale sia come l’acqua: un bene fluido e pervasivo che arriva ovunque e velocemente, senza ostacoli. Ma se è così: chi costruisce gli argini per noi e le future generazioni? Questi sono i pensieri che mi frullano in testa mentre rientro dal Festival delle Emozioni di Terracina che si è svolto dal 26 al 29 settembre e sono ancora emozionato dalle esperienze condivise con le persone incontrate.
In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale rischia di renderci spettatori passivi della nostra esistenza, le emozioni positive e questo festival sono antidoti, rifugi di autenticità nel deserto delle relazioni artificiali. Ogni partecipante è protagonista del Festival delle emozioni.
Al Festival, ho condotto un laboratorio basato sul mio ultimo libro, Il dialogo incorpo, scritto con Ilaria Vaglini. Ciò che mi ha colpito è stata la risposta dei partecipanti che ha reso visibile ciò che penso riguardo all’Intelligenza Artificiale. L’unico aspetto autentico è la relazione in presenza fra le persone; tutto il resto è falsificabile e, se non lo è ancora, lo diventerà presto.
La rivoluzione silenziosa di Terracina
Immaginate un luogo dove la barriera tra relatore e pubblico si dissolve, dove ogni individuo è al contempo insegnante e studente nel teatro delle emozioni umane. Questo è il segno distintivo di ogni intervento al Festival e lo rende unico. Ogni intervento ha offerto opportunità per scambi autentici e profondi, non la riproposizione delle presentazioni di libri dove l’autore incensa se stesso e gli spettatori restano passivi.
L’accoglienza dei volontari e la profondità delle esperienze offerte erano palpabili. Ho visto partecipanti trasformarsi da timidi osservatori a protagonisti delle proprie storie durante i workshop. Ho osservato sguardi illuminarsi nelle sessioni di mindfulness e yoga. Questi non erano semplici eventi; erano agenti di trasformazione.
Il Festival delle Emozioni di Terracina non è solo un evento da ammirare; è un modello. La varietà di esperienze ha creato un mosaico vivente delle sfaccettature dell’esperienza umana e degli strumenti autentici a disposizione quando attingiamo alle nostre risorse interiori anziché a quelle artificiali.
Un ponte tra passato e futuro
Con il suo patrimonio storico-culturale, Terracina non è stata solo uno sfondo, ma un protagonista attivo del festival. Questa connessione con il passato ha fornito un contesto prezioso per esplorare il futuro delle emozioni nell’era delle tecnologie cognitive. Sulla via del rientro, mi chiedo: come tradurre l’energia e l’autenticità di questi quattro giorni nella nostra vita quotidiana? Come assicurarci che le tecnologie avanzate amplifichino la nostra umanità anziché sostituirla?
Finora l’intelligenza artificiale è stata un gioco. Ora che l’AI è ovunque grazie alla sua liquidità e trasparenza – come l’acqua – rischiamo di lasciarci le penne tutti quanti. Rischiamo di abbandonare l’essenza della nostra umanità e delegarla alle macchine. A meno che non iniziamo a costruire argini. Non solo con regolamenti, ma, soprattutto, con azioni che ci permettono di attingere alla nostra essenza umana: quella interiore, non quella artificiale.
Possiamo smettere di essere spettatori passivi delle nostre emozioni. Questo modello di Festival dimostra che è possibile creare spazi di connessione autentica in tutta la città. La palla è nel nostro campo. Sta a noi trasformare questa esperienza da un ricordo passeggero a un cambiamento.