Giustizia & Impunità

Corruzione al ministero del Lavoro, dal “minestrone” alle “verdure”: le parole in codice nelle intercettazioni

“Il minestrone è già pronto”. È il 17 febbraio 2019 e non è chiaro se il segretario della Cisal Francesco Cavallaro stia parlando a Concetta Ferrari di un piatto di verdure, o se è una frase in gergo riferita ai preparativi per l’assunzione in Unipegaso del figlio, l’ingegnere Antonio Rossi. La dottoressa fino a pochi giorni fa è stata ‘esperta del ministro’ Marina Elvira Calderone a titolo gratuito, e fino a marzo sua segretaria generale.

Ferrari è una delle figure chiave del processo per la presunta corruzione al ministero del Lavoro – a fine ottobre arriverà una prima sentenza – e quell’assunzione sarebbe stata il prezzo più alto dell’accordo corruttivo, tra borse di lusso, cravatte e vacanze a Tropea. Si è dimessa dall’incarico di ‘esperta’ il giorno dopo il rinvio a giudizio. Il ministero, come rivelato nei giorni scorsi da il Fatto quotidiano, nonostante la gravità delle accuse e il coinvolgimento di due alte dirigenti, Ferrari e la ex vicecapo di gabinetto Fabia D’Andrea, non si è costituito parte civile.

Secondo l’impianto inquirente della Procura di Napoli – pm Henry John Woodcock e Sergio Ferrigno, procuratore Nicola Gratteri – che ha coordinato una indagine della Finanza di Napoli agli ordini del colonnello Paolo Consiglio, la dottoressa Ferrari avrebbe agevolato l’amico Cavallaro orientando il parere favorevole del ministero (negato dal suo predecessore) alla divisione del patronato Encal-Inpal in Encal-Cisal e Inpal, secondo i desiderata del segretario Cisal. Così il sindacato ha salvato le sovvenzioni pubbliche, i benefici fiscali e le sedi, del valore di milioni di euro. Ferrari avrebbe suggerito a Cavallaro come scrivere la seconda istanza per farsela accogliere, dopo la bocciatura della prima. Poi avrebbe predisposto la minuta di una norma per favorire la Cisal e gliel’avrebbe inviata via whatsapp, invitandolo a cancellare il messaggio.

E torniamo al minestrone. Cavallaro è in compagnia di Ferrari e del marito Gianfranco Rossi (non indagato). Un trojan registra dal vivo le loro conversazioni, i carabinieri del comando provinciale di Vibo Valentia le trascrivono. Tre giorni prima, il 14 febbraio 2019, Cavallaro aveva incontrato il presidente di UniPegaso Danilo Iervolino (all’epoca ne è ancora il titolare) per preparare il terreno al contratto di Antonio Rossi. Cavallaro lo aveva promesso a Ferrari e al figlio in un pranzo con loro una settimana prima a Roma.

Dalle intercettazioni emerge che Cavallaro dispone a piacimento di UniPegaso e non ha difficoltà a farsi accontentare da Iervolino. La mattina del 14 febbraio infatti chiama Antonio Rossi e gli chiede di mandargli curriculum e carta d’identità via mail perché la sera vedrà Iervolino a Napoli e vorrebbe concludere tutto “entro domenica”. L’incontro in effetti avviene. Cavallaro spiega a Iervolino che “”lei (Ferrari, ndr) ha tutti gli enti previdenziali sotto“, quindi può tornare utile, e che ha chiesto una mano per il figlio che sta a Marsala. “Non ci sono problemi – risponde Iervolino – lo facciamo chiamare ora, lo vuoi sbalordire?! Lo facciamo sbalordire”. Poi si ragiona del compenso, 2000 euro al mese.

Tre giorni dopo Cavallaro cena con Ferrari ed il marito e annuncia di aver portato a casa il risultato. Il figlio “può scegliere tra tre tipi di contratti diversi: tutoraggio, insegnante ed un altro”, con partita Iva e senza partita Iva. E confida a Ferrari, come annotano i carabinieri nei brogliacci, “come di fatto lui sia proprietario dell’università Pegaso benché non risulti in maniera ufficiale”. Quando escono dal locale, a sera tarda, i tre discutono di verdure e minestroni. Ecco i sunti fatti dagli investigatori: “Franco dice che gli ha portato delle verdure poi chiede quando può preparare il contratto… Franco dice alla Ferrari di avergli portato un minestrone già pronto… la moglie ha una società che esporta le verdure in tutto il centro sud”. Si trova a Porto Salvo ed ha più di 300 dipendenti.

Infine “Franco dice che Iervolino gli ha mandato un contratto in bianco per scrivere la somma, lui l’ha sbarrata perché il segretario non può essere un dipendente della Pegaso”. Queste ed altre fanno parte di pacchi di intercettazioni compiute nell’ambito di un’inchiesta per reati di mafia a Catanzaro, e poi trasmesse a Napoli per competenza territoriale. Intercettazioni inutilizzabili per i reati di corruzione, secondo una pronuncia della Cassazione a sezioni unite. Rossi lavorerà in Pegaso dal 2019 al 2022, percependo circa 68.000 euro in totale. La nuova proprietà dell’università telematica rescinderà unilateralmente il contratto, alle prime avvisaglie dell’inchiesta.