Altro che soldi freschi per le casse dello Stato. Anche l’ultimo condono partorito dalla maggioranza, come tutti i precedenti, costringe l’erario a rinunciare a una fetta importante delle risorse che avrebbe potuto recuperare: quasi 1 miliardo. Per la precisione 212 milioni per il 2025, 267 per il 2026, 223 per il 2027, 176 milioni per il 2028 e 108 milioni 2029. Le cifre sono nero su bianco nell’ultima riformulazione dell’emendamento di FdI, Forza Italia e Lega al decreto Omnibus che offre alle partite Iva che aderiranno al concordato preventivo biennale con l’Agenzia delle Entrate – l’accordo sulle tasse da pagare nei due anni successivi – una maxi sanatoria del nero fatto tra 2018 e 2022. La proposta di modifica è stata approvata domenica dalle commissioni Bilancio e Finanze del Senato, nel silenzio del governo che se ne è lavato le mani lasciando al Parlamento il lavoro sporco. E oggi metterà la fiducia sul provvedimento. L’obiettivo è palesemente quello di tentare di risollevare le sorti del concordato messo a punto dal viceministro Maurizio Leo.

A un mese dalla scadenza del termine per aderire, l’interesse per la misura che dovrebbe convincere gli autonomi a dichiarare un po’ di più resta bassissimo. Pur di evitare il flop, l’esecutivo e i partiti che lo sostengono sono pronti a tutto. A inizio anno hanno stabilito di far accedere al concordato anche gli autonomi e le piccole imprese con “pagelle fiscali” (Indicatori sintetici di affidabilità) insufficienti, il che significa che il fisco li ritiene probabili evasori. La decisione ha comportato l’azzeramento del gettito previsto dalla misura, 1,8 miliardi in base alla prima relazione tecnica, perché gli interessati non sono più costretti integrare la dichiarazione dei redditi per arrivare a un punteggio adeguato. Poi è arrivata la flat tax dal 10 al 15% sul reddito aggiuntivo concordato con le Entrate. Infine, a settembre, è spuntato l’emendamento sul “ravvedimento”: una sanatoria su eventuali redditi evasi tra 2018 e 2023.

Chi accetta il concordato potrà mettersi in regola pagando un’imposta sostitutiva dell’Irpef del 10, 12 o 15% a seconda dell’affidabilità fiscale, su un imponibile super scontato: dal 5 (per chi ha Isa pari a 10) al 50% (in caso di Isa sotto il 3) della differenza tra dichiarato e nero. Per l’Irap la sostitutiva si fermerà al 3,9%. Non solo: per il 2020 e 2021, anni pandemici, c’è un’ulteriore riduzione del 30%. Niente sanzioniinteressi. Significa cavarsela sborsando una minuscola percentuale delle imposte evase, peraltro con la comoda opzione delle 24 rate mensili. Le successive correzioni si sono limitate a sanare alcuni evidenti difetti tecnici della proposta e “minacciare” i contribuenti che intendano dire sì al concordato ma non al condono allungando anche per loro i termini per l’accertamento.

La terza riformulazione è l’unica a quantificare il costo dell’operazione: circa 986 milioni in 5 anni. Si provvederà per 144 milioni tra 2025 e 2027 con una partita di giro, cioè usando le maggiori entrate derivanti dalla misura, e per gli 842 milioni che restano mettendo mano al fondo per l’attuazione della delega fiscale. Il presidente della commissione Finanze e cofirmatario dell’emendamento Massimo Garavaglia (Lega) si è giustificato parlando di un calcolo “puramente formale” in quanto “si sa benissimo che in realtà sono norme che poi aumentano il gettito però formalmente bisogna prevedere una copertura”. Il via libera è arrivato durante una inusuale seduta domenicale. I relatori, Giorgio Salvitti (FdI) e Claudio Lotito (FI), lunedì riferiranno in Aula a Palazzo Madama dove il governo quasi sicuramente porrà la fiducia. Il provvedimento passerà poi in seconda lettura alla Camera.

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Altra mossa della maggioranza per spingere concordato e condono: un anno in più per gli accertamenti su chi non si “ravvede”

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