Anni ’60, una vecchia tela trovata nella cantina impolverata di una villa, a Capri, ritrae il volto scomposto di una donna con i tratti estetici del cubismo. Un uomo, un rigattiere, la vede e se innamora, così, la arrotola e la porta a casa a Pompei. Complice l’occhio estetico della moglie, decide di appenderlo al muro del salotto. Non immaginano che, quella stessa tela trovata in una cantina piena di polvere, potrebbe avere un valore milionario.
La firma, posta in alto a sinistra, infatti, recita il nome di un artista: Picasso. La coppia non se ne cura, disinteressandosi di quel dettaglio minimo, ma fondamentale. Sarà solo il figlio, diversi anni dopo, ad interrogarsi sulla provenienza di quel misterioso dipinto. A scuola, da bimbo, vede sui libri qualche volto simile a quello strano dipinto appeso al muro di casa. S’insospettisce, così informa i suoi genitori. Perché non fugare ogni dubbio? Si chiedono in famiglia.
Inizia qui la storia, ricostruita da Mauro Cerri su Il Giorno, di una serie stravagante di eventi, tra accertamenti, imprevisti e resistenze affinché il dipinto sia finalmente fatto verificare, attribuendone così la paternità a uno degli artisti più influenti di sempre.
Il dipinto sarebbe autentico: lo proverebbero le analisi chimiche sui materiali, il confronto con altre opere, le indagini storiografiche. La tela di Capri sarebbe uno dei molti ritratti di Dora Maar, la poetessa e fotografa francese che folgorò il genio di Malaga, ispirato dalla bellezza di quella donna affascinante. Così, il passaggio sull’isola campana, dove il dipinto sarà, presumibilmente, dimenticato tra la fine degli anni ’40 e l’inizio dei ’50.
La famiglia se ne rallegra: dopotutto, in casa, potrebbe avere un’opera dal valore stimato di 6 milioni di euro. La certezza della sua autenticità, però, incontra numerosi ostacoli. In primis, l’improvviso sequestro per una sospetta ricettazione. Un’ipotesi, questa, che perde di consistenza in poco tempo, così che la tela è presto restituita ai legittimi proprietari. Sarà la Fondazione Picasso, diretta dal figlio del pittore spagnolo, a intervenire, mettendo in dubbio, nuovamente, l’autenticità dell’opera.
Viene messo a punto un team di esperti. Entra in scena la Fondazione Arcadia del presidente onorario Luca Gentile Canal Marcante, che ingaggia l’ingegnere fiorentino Maurizio Seracini, massimo esperto nelle analisi chimico-scientifiche delle opere d’arte, Paolo Cornale, Davide Bussolari e Franca Vitelli per gli aspetti collegati alla legittima provenienza. Saranno due le tesi sostenute dal team di esperti. La prima vuole smentire i dubbi sull’originalità posti dai figli di Picasso: il fatto che in catalogo esista un quadro molto simile non escluderebbe l’autenticità del dipinto rinvenuto a Capri. “Possono essere entrambi originali – spiega Marcante – probabilmente sono due ritratti, non esattamente uguali, dello stesso soggetto realizzati da Picasso in due momenti diversi. Di una cosa sono sicuro: quello trovato a Capri e ora custodito in un caveau di Milano è autentico“.
La seconda tesi, invece, sostiene che “la sottoscrizione dicente Picasso sul fronte del dipinto originale Buste de Femme ritratto di Dora Maar è autografa e riconducibile alla mano del maestro mentre non vi è alcuna evidenza che ne dimostri la natura apocrifa”, conclude Cinzia Altieri, grafologa forense e grafologa dell’arte. Ora, la Fondazione Picasso dovrà venire a capo dei dati prodotti dal team di esperti, cercando di smentirli, oppure riconoscere l’autenticità dell’opera. In quest’ultimo caso, però, il suo valore potrebbe raddoppiare, superando i 12 milioni di euro.