Giustizia & Impunità

Mazzette e regali per truccare i concorsi? Con la legge Nordio non è più reato. I pm di Foggia: “Incostituzionale il nuovo traffico d’influenze”

Sono imputati per aver ricevuto mazzette fino a cinquantamila euro, Rolex e altri regali da genitori munifici, in cambio della promessa di far superare ai loro figli i concorsi per entrare in Aeronautica o nelle forze dell’ordine. Ma per alcuni di loro, dopo l’entrata in vigore della legge Nordio, queste condotte potrebbero non costituire più reato. E così, per evitare il proscioglimento, la Procura di Foggia ha chiesto al giudice di sollevare questione di costituzionalità della riforma voluta dal ministro della Giustizia, in scia con i vari uffici inquirenti che hanno già preso la stessa iniziativa in tutta Italia (in un caso, a Firenze, il ricorso è già stato trasmesso alla Consulta dal Tribunale). Con una differenza: in questo caso i pm non contestano l’abrogazione dell’abuso d’ufficio, ma lo svuotamento del traffico d’influenze illecite, il reato introdotto nel 2012 dalla legge Severino per colpire la “zona grigia” tra criminalità e politica, adeguando l’Italia alle prescrizioni del Consiglio d’Europa (l’organizzazione internazionale per i diritti umani con sede a Strasburgo).

Il processo foggiano, giunto all’udienza preliminare, nasce dall’inchiestaQuota“, aperta nel 2021 e sfociata a giugno 2023 in sei misure cautelari (di cui tre arresti). La Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per 35 persone: secondo l’accusa, alcuni sottufficiali dell’Aeronautica e della Guardia di Finanza si sono arricchiti promettendo alle famiglie di vari candidati (una ventina) di truccare le selezioni per entrare nei corpi, fornendo loro le prove in anticipo o addomesticando i risultati grazie ai loro rapporti con i componenti delle commissioni. Il problema, per i pm, è che in alcuni casi può essere difficile provare che quei rapporti esistessero davvero e non fossero solo millanterie. Prima della riforma Nordio non cambiava nulla: il traffico d’influenze puniva indifferemente chi, “sfruttando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale”, faceva “dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale come prezzo della propria mediazione illecita”. Con la riforma, la parola “asserite” è stata eliminata: adesso, quindi, farsi pagare per “sistemare” un concorso, una pratica o un disegno di legge millantando rapporti con un pubblico ufficiale (un commissario d’esame, un funzionario, un politico) non è più penalmente rilevante.

Questa modifica, però, disallinea il diritto italiano rispetto alla Convenzione sulla corruzione del Consiglio d’Europa, cioè il trattato recepito dal nostro Paese introducendo il traffico d’influenze. E proprio su questa violazione puntano i magistrati di Foggia per far dichiarare l’incostituzionalità della riforma Nordio. L’abolizione parziale del reato, scrivono nella loro memoria i pm Enrico Infante e Miriam Lapalorcia, “si pone in violazione degli obblighi internazionali di incriminazione assunti dall’Italia e, pertanto, in contrasto con la Costituzione stessa e, precisamente, con l’articolo 117“, che impone di rispettare quegli obblighi. Infatti, aggiungono, “la Convezione del Consiglio d’Europa sulla corruzione, conclusa nel 1999 e ratificata nel nostro Paese con la legge 110 del 2012, nel suo articolo 12 prevede che le parti contraenti criminalizzino ipotesi di traffico di influenze illecite anche nel caso di sfruttamento di relazioni non solo esistenti ma anche soltanto asserite o millantate“. Il tema della possibile violazione del trattato, peraltro, era stato sollevato già a luglio dal professor Gian Luigi Gatta, ordinario di Diritto penale alla Statale di Milano, pronosticando il sollevamento di una questione di costituzionalità: “Si tratterebbe, forse, della prima pronuncia con la quale la Corte potrebbe essere chiamata a dichiarare costituzionalmente illegittima una legge che viene meno a un obbligo di incriminazione, dopo la sua attuazione ad opera di una precedente legge”, scriveva sulla rivista online Sistema penale.