di Paolo

A volte mi chiedo se il campo largo lo sia abbastanza da contenere tutta la democrazia di cui sento un gran parlare. Anni fa, il Pd insultava M5S, eletti ed elettori tot court, con la ripetitiva e banale parola “click”. Del resto il popolo che votava un tizio con pochi click non poteva competere con quell’invidiabile rappresentante nato nel crogiolo della democrazia partitocratica, nella quale Tizio si auto-candidava e Caio, afflitto da dubbi etici interiori, rispondeva: “Ok”.

Non voglio rivangare il passato se non per ribadire la necessità del rispetto della storia di tutti, perché sarebbe saggio ridimensionare la stragrande maggioranza di paragoni traballanti messi su per giustificare le ammucchiate.

Quando ci si è arrogati il diritto di stabilire quale sistema è più democratico dell’altro? Se ben ricordo il Pd cala i nomi dall’alto, fa votare chiunque, iscritti e non iscritti, per cui il vincitore ha un gran numero di voti. Il M5S offriva la possibilità a chiunque di candidarsi, votavano solo gli iscritti e quindi chi vinceva aveva un numero di voti minore, era sconosciuto ma veniva dal basso. Quale sistema è migliore? E’ una scelta e vanno rispettate entrambe. Così dovrebbe accadere in un paese maturo, ma nel nostro la parola democrazia è stata svuotata come un barattolo di gelato dopo che la ragazza ti ha lasciato e la si usa per linciare chi la pensa diversamente.

Oggi Andrea Orlando propone la sua candidatura e, nella sua nota ritrosia, incalza i partner dandosi dello yogurt, l’uomo del Conte dice “Sì” e Schlein parla di passi avanti. In questo processo decisionale dove sono gli iscritti, le votazioni, la scelta, la discussione, i temi, un discorso qualunque o almeno un post-it sul frigo? E’ questa la sagra della democrazia del campo coeso? Pensare che prima che il Pd trainasse M5S fuori dalle caverne, in quello strano movimento gli elettori conoscevano la maggior parte dei parlamentari e roba da romanzo steampunk, potevano persino comunicare con loro ed essere informati! Sia chiaro che il Pd ha solo indicato la via, ma M5S in quel cul-de-sac ci si è infilato da sé.

Ora si fa un gran parlare di Italia Viva e leader annesso, sul quale M5S ha espresso una chiara posizione, tuttavia non ho notato tale solerzia riguardo Azione. Chiunque scorrendo anche di sfuggita le notizie non può non sapere che, sulla giustizia, M5S e Azione sono ai lati opposti di uno spettro. Al governo attuale non pare vero di poter incancrenire meglio la legge, con segale cornuta che neanche è farina del proprio sacco. Ho persino letto una dichiarazione di Patuanelli, nella quale respinge l’idea di Italia Viva nel campo coercitivo e loda contemporaneamente il leader di Azione che ha il merito di averla fatta rientrare in Parlamento.

Elly Schlein dice: “Misuriamoci sulle cose da fare, non sui nomi”. Un po’ come voler correre la staffetta reclutando la qualunque, poi il giorno della gara vien fuori che tra i corridori in squadra c’è un palo del telefono; poi dice di stringere alleanze con la gente che non vota più, che è tutto dire se si apre a personaggi e partiti che sono la causa per cui la gente non vota più.

Il Pd è “un grande partito che non ha paura di mettere a disposizione la propria forza per un progetto più largo” e questo è un bene, ma permane l’impossibilità di concretizzare quelli più piccoli che, se fossero stati realizzati negli anni, non sarebbero finiti ad impolpare la proverbiale grandezza del progetto che a quanto pare richiede così tanta forza.

In conclusione, sarò sempre a favore del dialogo, unica via per togliere alibi, ma senza punti fermi sulla giustizia, sulla sanità, sul lavoro, sulla guerra (vedasi il comportamento del partito democortocircuitato) e via discorrendo, la rappresentanza democratica è fallita quando sarebbe migliore pure da non infallibile.

Un campo costruito così è come una casa sull’albero costruita senza l’albero, e se qualcuno contesta, gli si risponde che con un po’ di culo ne crescerà uno nel mezzo.

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