Sono al cinema tutti e tre dal 26 settembre, i primi titoli di cui voglio parlarvi oggi. Never let go – A un passo dal Male si presenta come un mistery horror segnando il ritorno di Halle Berry, peraltro molto solida nella sua interpretazione di questa madre isolata in un bosco insieme ai due figli che istruisce a sopravvivere al “male”. La sacralità salvifica del legno di casa dovrebbe tenerli a riparo dal maligno insondabile al di là del bosco. Per uscire hanno una corda che li tiene ancorati alla vecchia casa come un cordone ombelicale. I bambini in questo isolamento di digiuno anche sociale si ritroveranno come dei caino e abele a scegliere se continuare a fare i palombari di terra o tentare la fuga.

Alexandre Aja ci aveva sconquassati con il viscerale remake Le colline hanno gli occhi e altri titoli dai gusti forti, ma qui inserisce il tema del coming of age, la violenta uscita dall’infanzia, e il meccanismo dell’isolamento per intrattenere il pubblico giovane con una storiella che ricorda pallidamente certe maternità orrorifiche e border da The Others a Room o certe atmosfere da Creepshow. In Italia ha incassato 250mila euro (8,35 milioni di dollari nel mondo) e negli incassi di domenica risulta settimo dietro, tra gli altri americani, al concorrente italiano per la Nomination all’Oscar per il Miglior film straniero, Vermiglio, che scende al secondo dopo un’entusiasmante surfata al primo posto.

Andiamo in Francia, dove Cédric Khan è l’autore che a proposito del suo nuovo
lavoro ha affermato: “La mitologia del cinema non m’interessa, la sociologia delle riprese sì”. Making of parla infatti di un regista su un set a dir poco difficile. “È l’incontro di tre progetti cinematografici distinti: un film sul burnout di un regista; uno su degli operai che vogliono rilevare la loro fabbrica e gestirla in autonomia – ha continuato il regista nelle note al film – e uno che volevo fare da molto tempo, un vero e proprio making of durante le riprese con un’angolazione insolita sul dietro le quinte, i rapporti di potere, il ruolo del denaro, l’impatto dell’economia sul processo creativo”.

Un regista sull’orlo del divorzio, un produttore truffaldino con finanziamenti fantasma e stipendi traballanti per la troupe, un film ambientato in una fabbrica dove gli operai insorgono, e una giovane comparsa che si ritroverà con la camera in mano per filmare il dietro le quinte. Sono solo alcuni dei tantissimi gli ingredienti in questa commedia gustosissima, mai scontata e dai lineamenti anche drammatici. Ricorda inevitabilmente Effetto Notte di Francois Truffaut, ma qualcuno lo ha paragonato al nostro Boris, pure se qui non c’è caricatura, tanto che il regista dice d’essersi ispirato a Nanni Moretti. Di sicuro è uno dei nuovi titoli in sala che sfameranno di più e meglio la sete di buon cinema. Immeritatamente, ancora fuori dalla top ten.

I robot di Transformers One per ora cedono ancora il passo a Cattivissimo Me 4 primo sia sul giornaliero che sul settimanale. Robot quarti e quinti invece, arrancando un po’, mentre sul globale hanno già incassato 71,9 milioni di dollari. Siamo a Cybertron, il ridente pianeta meccanico dal quale provengono i robottoni che hanno ridefinito l’industria dei giocattoli negli anni 80. Il prequel di tutta la saga di Michael Bay, qui solo producer insieme a Steven Spielberg, ci svelerà l’antica amicizia tra due giovani operai robotici che dopo mille peripezie si trasformeranno, manco a dirlo, nei Megatron e Optimus Prime che ben conosciamo.

Partirebbe come un film per bambini, ma dopo un inizio morbido serba momenti di cruda drammaticità e relazioni infrante in schegge complesse. Insomma, un action young adult, visto che oggi le definizioni anglofone vanno per la maggiore. Scenari e violente diatribe in un’animazione elettronica dove le matite sono un ricordo, il nuovo Transformers fa il suo come intrattenimento, lanciando pure tanti appigli a nuove serie d’animazione e saghe cinematografiche. Sicuramente non pomposamente pretenzioso come gli ultimi capitoli della saga, ma avvincente nella sua cineticità trasversale. I giovani si divertiranno con una storia ben scritta, ma verranno sfiorati anche i ricordi di tanti quarantenni sui loro trasformabili giocattoli novecenteschi.

Arriviamo a Vittoria di Alessandro Cassigoli e Casey Kouffman, che dopo il potente Californie esplorano la vita vera di una parrucchiera e un falegname con tre figli. Siamo sempre a Torre Annunziata, una famiglia normale, ma lei ha il desiderio di un altro figlio, una bambina, lui di aprire un nuovo laboratorio a Capri.

I due autori prendono spunto dalla vita vera dei due protagonisti, marito e moglie, che rivivono sul set la loro vicenda, così le sfumature di adozione che questi registi prodotti da Nanni Moretti ci mostrano sanno di vita vera, in un lavoro che va oltre il cinema del reale. In questa sana partecipazione popolare tra cinema e famiglia, individualismi e desideri, speranze e percorsi inaspettati, avremo conferma che a Moretti piace produrre film completamente diversi dai suoi. E scopriremo che Cassigoli e Kauffman, con il nuovo capitolo del loro cinema ci dicono che l’amore può essere la soluzione, e la soluzione Vittoria. Questo piccolo film passato a Venezia 81 nella sezione Orizzonti esce il 3 ottobre. Colpirà molto le madri e i padri, soprattutto gli adottivi, e smuoverà parecchie belle emozioni a tutto il suo pubblico.

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