Libri e Arte

A Ravenna uno dei pochi teatri di comunità d’Italia: la storia del Grande Teatro di Lido Adriano

Sulla riviera ravennate, a pochi chilometri dal capoluogo, esiste da tre anni uno dei pochissimi teatri di comunità del nostro Paese: è il Grande Teatro di Lido Adriano, fondato nel 2022 e giunto quest’anno alla seconda proposta spettacolare.

Ma per capire l’importanza e la singolarità di questa esperienza teatrale di provincia bisogna cominciare dall’inizio. E l’inizio è quando, nel 2010, una associazione giovanile, Il lato oscuro della costa, prende in gestione gli spazi del Cisim (Centro Internazionale Studi e Insegnamenti Mosaico) per farne un luogo di aggregazione e un volano per la rigenerazione di un territorio degradato. Lido Adriano, in meno di cinquant’anni dalla sua nascita, aveva vissuto molte vite, precipitando dagli splendori iniziali degli anni Sessanta-Settanta in una condizione di discriminazione, vergogna e abbandono a causa della elevata multietnicità della sua popolazione. Era chiamato “il ghetto”, il “far west”, “Lido africano”. E naturalmente l’abbandono aveva alimentato malavita e delinquenza.

In questi quattordici anni il Cisim, trasformato in spazio culturale aperto, ha ospitato laboratori, eventi teatrali, concerti, festival di vario genere, mettendosi a disposizione di molti artisti per la realizzazione di opere che vanno dalla videoarte alla fotografia, dalla performance alla musica, dalla letteratura alla Street Art. E soprattutto, col tempo, è progressivamente aumentato il coinvolgimento degli abitanti e delle associazioni del paese.

Oggi Lido Adriano è la località più popolosa e giovane della provincia di Ravenna. L’età media è sui 35 anni, conta 6300 abitanti, di cui l’86% per cento è composto di immigrati provenienti da altre regioni italiane o dall’estero. Gli stranieri, originari di ben 57 Paesi, superano il 37%.
In questa straordinaria esperienza di rigenerazione urbana e di cittadinanza attiva la creazione di una realtà teatrale comunitaria era quindi un punto d’arrivo inevitabile anche se tutt’altro che scontato, il modo migliore per mettere insieme e valorizzare ulteriormente tutte le energie creative e le competenze artistiche stimolate dal Cisim negli anni e spingere la popolazione locale a un ulteriore salto di qualità nella partecipazione.

All’interno di una fitta programmazione annuale (che prevede fra l’altro il festival di rap più longevo d’Italia, Under Fest, e undici mesi di laboratori artistici aperti a bambini, adolescenti, giovani e adulti), il progetto del Grande Teatro di Lido Adriano consiste attualmente in sette mesi di lavoro, sette laboratori di musica, canto e teatro, divisi per età, e uno spettacolo finale. La prima produzione teatrale è stata presentata nel 2023 e ha riguardato un famoso testo del poeta persiano del XII secolo Farid ad-Din Attar: Il Verbo degli Uccelli, che vanta numerose versioni teatrali contemporanee, a cominciare da quella celebre di Peter Brook negli anni Settanta (La conférence des oiseaux, 1979).

Quest’anno, dal 3 maggio al 2 giugno, è stata la volta di una fiaba indiana (Panchatantra o le mirabolanti avventure di Kalila e Dimna), con la drammaturgia dello scrittore ravennate di origini algerine Tahar Lamri, le musiche di Francesco Giampaoli col contributo di Enrico Mao Bocchini, il songwriting di Lanfranco Vicari, la voce di Jessica Doccioli, la scenografia di Alessandra Carini. La regia è stata di Luigi “Gigio” Dadina, cofondatore ed esponente storico del Teatro delle Albe di Ravenna, indubbiamente il “padre nobile” di questa impresa teatrale. Della quale però si sarebbe detto ancora molto poco se non si menzionasse quello che ne è il vero protagonista, e cioè il Coro del Grande Teatro di Lido Adriano, composto da un centinaio di persone tra attori, cantanti, musicisti di tutte le età e in gran parte abitanti del posto.

Dopo il viaggio iniziatico degli uccelli alla ricerca del Simorgh lo scorso anno, il Panchatantra (un insieme di fiabe di origine indiana, come s’è detto, arrivate a noi attraverso un intricato percorso interculturale) ha immerso gli spettatori incantati dentro una festa teatrale che divertiva e faceva riflettere, come solo certe fiabe sono in grado di fare; soprattutto se incarnate dalla dedizione appassionata e competente di tanti performer dilettanti (con qualche inserto professionale). Compresi bambini e bambine di varie età che la sera dell’ultima replica si lasciavano sfuggire qualche lacrima, perché la festa stava per finire. E non erano i soli.