Circola da tempo su Facebook un post che attribuisce sacralità alle donne che hanno messo al mondo dei figli o meglio, li ‘hanno dati’ dati ad un uomo/figlio/padre richiamato al rispetto della funzione procreativa femminile. Sono onorabili la nonna, la madre e infine la moglie che ‘gli darà’ un figlio. Amen. Deve essere un sentire comune a parecchie persone se quel post stucchevole viene condiviso periodicamente. La pensa allo stesso modo Bergoglio che, in visita a Bruxelles, si è scagliato contro i ginecologi non obiettori, offendendoli pesantemente: “Sono sicari”, ha detto. Se i ginecologi sono sicari, ovvero assassini prezzolati, chi sarebbe il mandante? Il non detto di Bergoglio, forse, esclude le donne, cera molle nelle mani di qualche altro mandante, il Maligno o chissà quale altro agente. Incapaci di scegliere, inadatte alle responsabilità vanno protette da se stesse?
Finché un Papa parla ai suoi fedeli richiamandoli al rispetto della morale della Chiesa e a non commettere il peccato dell’aborto, il messaggio resta nella sfera di un credo religioso ma se si scaglia contro medici che nel rispetto di una legge dello Stato italiano, assistono donne che si sottopongono a ivg, le cose cambiano. Il messaggio viscerale “sono dei sicari” getta benzina sulla furia ideologica di fanatici e bigotti che dentro e fuori ai reparti di ginecologia, si sentono legittimati a entrare con violenza nella vita delle donne che non vogliono portare avanti una gravidanza e a premere lo stigma di assassini sulla pelle di ginecologi non obiettori, spesso discriminati e ostacolati nelle carriere.
L’associazione nazionale D.i.Re donne in rete contro la violenza, ieri mattina, ha risposto alle parole di Bergoglio e si è schierata a fianco dei ginecologi e delle ginecologhe pro choice, esprimendo “solidarietà al personale sanitario che garantisce il diritto all’aborto sicuro e legale per il ruolo fondamentale che svolgono nella garanzia di un diritto legale e irrinunciabile”. Anche Alessandra Kustermann, ginecologa e presidente del Centro antiviolenza SVS Donna aiuta Donna di Milano ed ex primaria della clinica Mangiagalli, ha risposto: “Non mi sono mai sentita un’assassina quando ho praticato un aborto in ospedale. Le donne hanno abortito per millenni tramandandosi i rimedi per interrompere una gravidanza indesiderata, molte sono morte per emorragia, intossicazione e per infezione. Le abbiamo aiutato a non rischiare la vita e la fertilità pur di abortire: abbiamo fatto il nostro dovere di medici”.
Cinquant’anni sono trascorsi da quella scelta laica, coraggiosa e umana di porre fine ai “rimedi” rozzi e rischiosi, garantendo alle donne che non volevano portare avanti una gravidanza, il diritto alla salute sessuale e riproduttiva. La legge 194 pose fine all’angoscia dell’aborto clandestino offrendo alle donne, nel rispetto della libertà di scelta, le informazioni per prevenire le gravidanze indesiderate ed evitare altri aborti ma la propaganda fanatica dei cosiddetti pro-life orientata a ottenere la abrogazione o lo svuotamento della 194, sostenuta dai partiti di destra, ha attecchito, tantoché nei reparti di ginecologia circola veleno e sono numerose le testimonianze di donne lasciate senza assistenza oppure offese dal personale obiettore di coscienza.
Sull’aborto pesa un’insopportabile ipocrisia. Impedire alle donne di accedere all’aborto sicuro, non pone fine agli aborti, li rende clandestini. Lo sanno le donne, lo sanno i ginecologi, lo sanno i cosiddetti pro-life e lo sa benissimo anche Bergoglio.
La posta in gioco nella guerra che dura da quattro decenni contro la legge 194 non è affatto la vita ma la libertà e il potere delle donne di scegliere sui propri corpi, di sottrarsi all’imposizione del destino biologico di essere madri o di incarnare quell’idealizzazione della donna tanto cara a Bergoglio che da Bruxelles ha parlato di “accoglienza feconda, cura e dedizione vitale”. Un’idealizzazione che è sempre stata legata a doppio filo alla demonizzazione di tutte quelle che non vogliono affatto accogliere, curare ed essere dedite e devote a figli, mariti, religioni, padri o Papi.
In un mondo attraversato da guerre tremende non si sentiva affatto il bisogno che un Papa facesse risuonare nelle proprie parole l’eco della guerra più antica e feroce: quella che si combatte da sempre contro le donne e i loro corpi. Forse anche i non credenti o coloro che non sono cattolici (come me), si illudono che i tempi delle crociate anche quelle ideologiche siano finiti e sperano che in mezzo all’odio coltivato da buona parte dell’umanità, un Papa del XXI secolo, pronunci parole disarmate e disarmanti, buone parole.
@nadiesdaa