Mech Dara, giornalista investigativo cambogiano, è stato arrestato lunedì sera mentre si trovava in viaggio con la sua famiglia verso la capitale Phnom Pehn. Secondo quanto riportato da CamboJA, la polizia ha confermato l’arresto ma non ha fornito alcun dettaglio in merito alle accuse a lui contestate e al luogo in cui attualmente si trova recluso. Un portavoce della Gendarmeria Nazionale, Eng Hy, ha dichiarato a CJA: “Stiamo eseguendo il mandato di arresto, non possiamo rivelare altro”. Mech Sereyroth, la sorella di Dara, ha espresso preoccupazioni per la sicurezza di suo fratello, dicendo che la famiglia non ha potuto contattarlo telefonicamente. Nel frattempo, il portavoce del tribunale municipale di Phnom Penh ha dichiarato all’AFP che un giudice istruttore ha arrestato Dara con l’accusa di “istigazione a delinquere“, legata alle attività svolte e ai post pubblicati sui social media il mese scorso.
A rendere noto il giornalista a livello internazionale una serie di reportage presentati su intricate operazioni di trafficanti di esseri umani legate al fenomeno degli “schiavi digitali”. Dara da un lato ha ottenuto importanti riconoscimenti per il suo lavoro, dall’altro lato subisce continue intimidazioni. Tra i riconoscimenti ricevuti, l’Hero Award. Ha lavorato per Voice of Democracy – fino alla revoca della licenza nel 2023 – e tra le testate che hanno pubblicato i suoi reportage troviamo Al Jazeera, South China Morning Post, The Cambogia Daily – prima che chiudesse i battenti nel 2017 – e Nikkei Asia.
Secondo quanto reso noto dall’organizzazione per i diritti umani Licadho, con cui il giornalista ha avuto gli ultimi contatti tramite messaggio poco prima dell’arresto e del sequestro del cellulare, Dara si era recato in auto a Sihanoukville, città costiera situata a sud della Cambogia e nota in tutta l’Asia per essere epicentro di organizzazioni che lucrano su truffe informatiche e che si servono di schiavi digitali per sottrarre denaro online. Le organizzazioni ingannano le future vittime attraverso piattaforme che offrono lavoro – create ad hoc dagli stessi colossi protetti da scatole cinesi – in paesi come la Cambogia, il Myanmar e il Laos. Una volta scelto “il finto impiego”, all’utente viene offerto vitto e alloggio nei compound dove “svolgeranno il lavoro pattuito”. Ed è qui che scatta la trappola. Le persone che accettano spesso si trovano confinate nelle così dette “scam cities” in palazzi residenziali forniti di servizi di ogni genere – supermercati, parrucchieri, negozi e ristoranti – da cui lavorano e da cui hanno l’assoluto divieto di uscire.
In un rapporto pubblicato nel 2023 dalle Nazioni Unite sul fenomeno delle frodi informatiche e degli “schiavi cyber”, si contano più di 100mila schiavi solo in Cambogia. Seconda dopo il Myanmar con un business globale che supera i 7 miliardi di dollari in cripto valute. “L’arresto di Mech Dara dimostra quanto il governo della Cambogia sia disposto ad arrivare per soffocare il giornalismo indipendente”, ha affermato Shawn Crispin, rappresentante senior del CPJ per il sud-est asiatico.