Aumento delle tasse, in particolare per i francesi più ricchi, stretta sull’immigrazione e apertura sulla possibilità di ridiscutere la riforma delle pensioni. Il premier Michel Barnier, nel corso del suo discorso programmatico all’Assemblea Nazionale, ha parlato della direzione che intende seguire il suo esecutivo. Il suo intervento, che non è seguito da un voto di fiducia, è stato accolto dalla proteste de la France Insoumise: i parlamentari di sinistra, usciti vittoriosi dalle elezioni legislativa ma senza la possibilità di formare un governo, hanno brandito le loro tessere elettorali nell’emiciclo, interrompendo a più riprese il premier, tra le contestazioni. “Sono consapevole della gravità, dell’importanza di questo momento, per la nostra azione comune al servizio del Paese e per i francesi che ci guardano e che ci ascoltano”, ha detto Barnier.

Il primo punto toccato dal premier è stato quello della situazione economica generale. “Ho sentito parlare di una spada di Damocle che peserebbe su questo governo”, ha affermato. “Ma in realtà, la vera spada di Damocle pesa sulla Francia”. Ed è “il nostro debito colossale. La nostra vera responsabilità è alleggerire questo fardello”, ha aggiunto il premier, secondo cui l’obietttivo è riportare al 5% nel 2025 e arrivare sotto al 3% nel 2029, “nel rispetto dei nostri impegni europei”. Il premier ha precisato che “due terzi” dello sforzo per la manovra 2025 arriverà da tagli alla spesa, anche se non mancherà una stretta fiscale sui francesi “più ricchi” e sulle aziende che realizzano grandi profitti. L’idea di introdurre una patrimoniale era stata già avanzata nei giorni scorsi da Barnier, ma subito criticata da macroniani, repubblicani ed estrema destra. L’altro tema caldo affrontato è quello della contestatissima riforma delle pensioni di Emmanuel Macron, ritenuta fino a questo momento intoccabile. Barnier ha sostenuto di essere pronto a “riprendere il dialogo”. E si è detto favorevole a ”tutelare l’equilibrio del sistema di ripartizione”, sostenendo che “alcuni articoli possono essere corretti”. ”Pensione progressiva, mestieri usuranti, parità tra uomini e donne, meritano di meglio”, ha proseguito Barnier, aggiungendo che “aggiustamenti ragionevoli e giusti” sulla riforma delle pensioni sono possibili.

Il premier ha anche annunciato una stretta ulteriore sull’immigrazione. “Dobbiamo essere spietati contro trafficanti e passeur che sfruttano la miseria umana nel Mediterraneo e nella Manica”, ha detto. Rivolgendosi ai deputati, Barnier ha detto che oggi “non controlliamo più la nostra politica migratoria in modo soddisfacente e quindi non siamo più in grado di soddisfare completamente il nostro dovere repubblicano di integrazione”. ”Vogliamo controllare meglio le nostre frontiere”, ha proseguito Barnier evocando, tra l’altro, il Patto Ue sull’immigrazione e l’asilo che “prevede di controllare i flussi operando i controlli alle frontiere esterne dell’Ue”. E che “va messo in pratica senza ritardi”. Barnier ha anche detto che la Francia potrà “ripristinare i controlli ai suoi confini, come prevedono le norme europee e come la Germania ha appena fatto”. Per l’ex commissario Ue, quello dell’immigrazione è un tema che ”non può lasciare nessuno indifferente” e che va trattato con ”dignità” e “pragmatismo”.

Quindi ha chiuso invocando una riconciliazione politica di un Paese dilaniata dagli scontri e le divisioni: Barnier ha invocato l’affermazione in Francia di “una cultura del compromesso”, per “lavorare insieme sulle grandi riforme” del Paese. Citando l’ex premier Michel Rocard, ma anche l’esempio di quanto avviene in altri grandi Paesi europei, l’ex commissario Ue passato ai vertici della Francia ha detto che la ”cultura del compromesso sarà un principio del nostro governo”. “Cultura del compromesso non significa compromettersi”, ha detto. E ha chiuso: “Prendiamoci cura della République, è fragile. Prendiamoci cura dell’Europa, è necessaria. Prendiamoci cura dei francesi e delle francesi. Ci chiedono di superare le divisioni, le querelles, nell’interesse superiore della nazione. Io credo che meritino il nostro impegno”.

Tra i primi interventi di replica in Aula, c’è stato quello di Marine Le Pen che ha rilanciato sull’immigrazione. La leader dell’estrema destra ha anche detto di non voler “sfiduciare a priori” il governo Barnier, anche per “non trascinare il Paese nel caos”. Chiedendo tuttavia Barnier una nuova legge sull’immigrazione già da inizio 2025. Una “linea rossa”, ha proseguito Le Pen, senza la quale il RN potrebbe anche decidere di far cadere l’esecutivo se non ci saranno risultati in materia migratoria. Intervenendo nell’emiciclo del Palais Bourbon subito dopo il premier, Le Pen ha preteso, in particolare, che il governo Barnier presenti una nuova legge immigrazione che riproponga le misure bocciate dalla Corte Costituzionale durante l’esame della precedente legge migratoria dell’ex ministro Gérald Darmanin. “Le chiediamo di rimettere in agenda, dal primo trimestre 2025, una legge immigrazione restrittiva, che riprenda come minimo le disposizioni censurate dalla corte costituzionale”. Le Pen ha precisato che questa richiesta è tra le “linee rosse” la cui mancata attuazione potrebbe indurre il Rassemblement National a rovesciare il governo.

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