Bastava lasciare il Real Madrid per farsi convocare (di nuovo) dall’Argentina. Più o meno, è andata così. Dall’oceano delle sue Canarie alle acque del lago di Como: Nico Paz illumina il Sinigaglia e la Serie A. Fabregas se lo tiene stretto e il ct Lionel Scaloni lo convoca in nazionale per gli impegni contro Venezuela e Bolivia. Nato a Tenerife, ma mai convocato dalla Spagna: il suo desiderio è sempre stato quello di vestire la maglia dell’Albiceleste (e può farlo, perché suo padre Pablo è argentino) al fianco dell’idolo di Messi. “Sono nato in Spagna. Amo entrambi i paesi, ma alla fine ho deciso di giocare per l’Argentina. Penso che sia il Paese che mi rappresenta di più, per come viene vissuto il calcio e per mio padre”. La prima volta fu nel 2022 – insieme a un’altra conoscenza della Serie A come Matias Soulé -, ma questa volta ha il sapore di una “prima” da protagonista. Il suo nome lo si sente nominare per la prima volta lo scorso anno, in Champions League. Un intreccio di storie e prime volte, contro un club italiano.

Nico Paz e il Real Madrid: l’ennesimo prodotto de La Fabrica madridista
Lascia l’isola per l’aristocrazia spagnola, quella di Madrid. 12 anni e un talento sconfinato: il Real lo fa entrare nel settore giovanile, accompagnandolo passo dopo passo fino alla prima squadra. Il 2023 è il suo anno: soprattutto il mese di novembre. Esordio in Champions League (contro il Braga) e in Liga (contro il Valencia). Poi, il primo gioiello contro il Napoli. In una situazione di piena emergenza a causa degli infortuni, Ancelotti pesca dalle giovanili e non sbaglia. La rete contro Meret gli vale il traguardo di terzo marcatore più giovane nella storia del Madrid (19 anni e 82 giorni), dopo il compagno Rodrygo (18 anni e 301 giorni) e Raul (18 anni e 113 giorni), suo allenatore nel Castilla. E per l’Argentina? Secondo solo al suo idolo Messi.

Nico Paz incanta il Sinigaglia e la Serie A
L’ho voluto io qui a Como, lo conoscevo bene. Calma però: deve continuare a lavorare in questo modo, tenendo i piedi per terra”, parola di Cesc Fabregas. Gli sono bastate 5 giornate di campionato (3 da titolare) per entrare nel classico ciclone mediatico del “predestinato“, “diventerà un fenomeno“. Questa volta, i presupposti (e le prestazioni) ci sono, eccome. Dal suo arrivo, il Como ha completamente cambiato passo: quasi irriconoscibile alla prima giornata in Serie A contro la Juventus (anche se l’attenuante dell’avversario in questo caso vale), contro il Verona – nell’ultima partita vinta in casa per 3-2 – il club ha disputato forse la miglior partita degli ultimi anni. Tante occasioni, giro palla veloce e qualità invidiabile a centrocampo. Le azioni più pericolose, ovviamente, sono passate dal mancino dell’argentino. Due assist e “mezzo” gol (il tiro segnato con deviazione decisiva di Kolasinac contro l’Atalanta). Fabregas predica calma, ma con Nico non si può stare tranquilli e mai annoiati. Un quadrilatero che funziona: Cutrone davanti, Strefezza e il giovane Fadera sulla fasce. Nico, ovviamente lega il gioco. E fa calcio.

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