“Sono qui per mostrare tutto il mio appoggio a quanto fatto da Andres Manuel Lopez Obrador. Se Claudia ha vinto, se siamo qui, è grazie a lui”: Antonio ha sessant’anni e non ha voluto mancare alla festa d’insediamento di Claudia Sheinbaum, la nuova presidente del Messico. Ha fatto più di tre ore di autobus per essere alla Zocalo, considerata il centro dell’identità nazionale. Durante il discorso della presidenta deve andarsene perché alle 18 il torpedone parte per riportarlo a casa. Sono in migliaia le persone arrivate da fuori Città del Messico che non possono fermarsi in Plaza de la Constitución perché devono fare come Antonio. Il passaggio di presidenza per tante e tanti significa salutare Lopez Obrador. Un presidente che, senza entrare nel merito di ciò che ha fatto, ha lasciato il segno e marcato una trasformazione della politica messicana. Ad oggi non certo per la tanto promessa Quarta Trasformazione, cuore pulsante della narrativa di AMLO e Claudia, ma perché il partito fondato dal presidente uscente ha minimizzato la forza del Pri, il Partito Rivoluzionario Istituzionale, il “partito stato” che dalla sua fondazione (1929) alla vittoria di AMLO, aveva governato il Messico per 77 anni.
Ha imposto una nuova narrazione e alcune attenzioni sociali in un contesto classicamente neoliberale. Nel discorso di giuramento di Sheinbaum il ruolo di Lopez Obrador è stato centrale mentre al pomeriggio il palco è stato tutto per la presidente e per le donne che l’hanno accompagnata. Sheinbaum ha descritto Lopez Obrador come uno “dei grandi” della storia del paese arrivando addirittura a paragonandolo a Lázaro Cárdenas del Rio (unico vero presidente socialista del Messico) perché entrambi sono stati “amati dal popolo” sia all’inizio che alla fine del loro governo, anzi AMLO “è stato il migliore della storia moderna”.
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Dichiarazioni che non nascondono debolezza, anzi: Sheinbaum ha appoggio politico dentro al partito – Morena -, a livello internazionale e soprattutto a livello elettorale: è la prima presidenta ma è anche la più votata nella storia del paese. Da Tlalpan, dove dal 2015 al 2017 è stata sindaca, in centinaia si sono spostati a piazza della Costituzione con magliette e cappellini in suo sostegno. Marcela è una di loro: “Non solo è la prima presidenta donna, e questo già mi riempie d’orgoglio, ma è anche una di noi, è abitante di Tlalpan e sono convinta farà tanto”. Dopo 214 anni dall’indipendenza il Messico ha una donna presidente. E sono donne anche la presidente della Camera Ifigenia Martínez e quella della Corte Suprema di Giustizia, Norma Piña. Una condizione necessaria ma non sufficiente a cambiare un paese ancora machista e sessista.
La festa non cancella polemiche e contraddizioni, Sofia, 24enne, ha votato Sheinbaum, perché era la “meno peggio” anche se “il governo uscente ha militarizzato il Paese e accelerato la costruzione di progetti invasivi, inutili, e violenti come il Tren Maya”. Di fianco a lei c’è Arturo, ascolta Sofia e quando la giovane se ne va dice: “Potrebbe anche aver ragione, ma c’era qualcosa di meglio da votare? Io sono contento così”. Diego ha 50 anni e un cartello dove c’è scritto “W Claudia” ma sulle braccia ha il numero 43, riportato più volte. E’ il suo modo, dice, per chiedere verità e giustizia per gli studenti desaparecidos di Ayotzinapa. La festa non cancella le ombre sul futuro, quelle che riguardano violenza, corruzione, rispetto dei diritti umani e potere delle forze armate. Forse per questo la presidente Scheinbaum sottolinea che “il nostro governo garantirà tutte le libertà, la libertà di espressione, la libertà di stampa, la libertà di riunione, la libertà di mobilitazione. La libertà è un principio democratico e noi siamo democratici, i diritti umani saranno rispettati e non useremo mai la forza dello Stato per reprimere il popolo”. Ha promesso che non tradirà: avrà sei anni per dimostrare che le sue non sono state solo parole.