Un dibattito informativo, ad ampio spettro, senza toni particolarmente aggressivi né dall’una né dall’altra parte: il confronto in diretta televisiva sulla Cbs fra i candidati vice a Usa 2024 Tim Walz, democratico, e JD Vance, repubblicano, non risulterà probabilmente il momento clou della corsa alla Casa Bianca, ma ha mostrato il volto buono della politica statunitense.

Lo nota, con un pizzico di ironia e con una dose di sorpresa, il Washington Post nella sua analisi: “E’ stata una cosa notevolmente civile”.

Jim Kessler, analista politico del think tank di centro-sinistra Third Way, spiega: “I dibattiti fra i vice non fanno vincere le elezioni, ma aiutano a creare, o a smontare, un momento… Non si segnano gol, ma si fa possesso palla” – lui, in termini non calcistici ma da football americano, dice “You don’t score touchdowns, but you can gain yards or you can lose yards”.

Vance, giacca blu scuro e cravatta più rosa che rossa, e Walz, giacca nera e cravatta blu d’ordinanza, si sono stretti la mano prima di prendere posto dietro i loro podi e alla fine, salutandosi, hanno mostrato una particolare cordialità, mentre sul palco salivano le loro mogli. Forse tanto fair-play è stato favorito dal fatto che i due non dovevano vendere se stessi e le loro idee, ma erano lì per fare da piazzisti dei loro capi, Kamala Harris e Donald Trump: in fondo, erano due ‘sotto padrone’.

Walz è partito lento, un po’ esitante, ma ha acquisito sicurezza e dolidità con il passare dei minuti e con l’arrivo di temi a lui congeniali come l’aborto e la difesa della democrazia. Vance è parso subito sicuro di sé e netto nelle sue affermazioni, specie sui migranti, che, proprio come fa sempre Trump, cercava d’infilare in ogni risposta; ma ha anche cercato di smussare le posizioni sull’aborto e di “riscrivere la storia” – l’espressione è del Washington Post – della presidenza Trump.

L’ultimo dibattito nel giorno del secolo di Carter

E’ stato, probabilmente, l’ultimo dibattito di questa campagna, considerato il rifiuto di Trump d’avere un ulteriore confronto con Harris, dopo quello del 10 settembre. Un dibattito che coincideva con i cento anni dell’ex presidente Jimmy Carter: è il primo presidente nella storia degli Stati Uniti a raggiungere tale traguardo.

Nella sintesi dell’Ap, Walz e Vance sono andati in profondo sulle singole politiche, il clima e l’energia, l’economia e l’inflazione, l’immigrazione, la sanità, l’aborto, attaccando a vicenda i rispettivi candidati presidenti e cercando di fornire ragioni per votare il proprio campione.

Entrambi sono stati chiamati dalle moderatrici del dibattito, le giornaliste Margaret Brennan e Norah O’Donnell, puntuali ed efficaci, a rendere conto di loro bugie o contraddizioni; e in un caso i loro microfoni, normalmente aperti, sono stati disattivati, per impedire che si parlassero addosso. Ed entrambi, con qualche riluttanza, hanno fatto ‘mea culpa’: Vance ha detto di avere sbagliato, quando, fino a quattro anni or sono, criticava Trump; e Walz ha riconosciuto di non averla detta tutta giusta sul tempo passato in Cina.

I contenuti del dibattito

Vance, 40 anni e barba, ha sfruttato la sua telegenia; Walz, 60 anni e pancetta, ha tenuto botta, nonostante qualche esitazione. Un sondaggio a caldo della Cnn dà il democratico vincente al 51%, d’una corta incollatura.

Per il Washington Post, Walz e Vance “si sono presentati sulla scena nazionale e hanno discusso in modo più approfondito di quanto avevano fatto Trump e Biden e poi Trump e Harris”. Il New York Times scrive: “Più politica, meno battute. Vance e Walz hanno opinioni diverse su guerre, immigrazione, economia, tasse e molto altro”.

Un sito conservatore, il Daily Signal, ricorre a un gioco di parole, “Best in the Midwest”, il meglio nel Midwest, perché entrambi i candidati vice hanno spesso fatto riferimento alle loro origini: Vance è senatore dell’Ohio, Walz è nato in Nebraska ed è governatore del Minnesota.

Trump non s’è astenuto dal commentare su X in diretta: ha ovviamente accusato le moderatrici d’essere parziali e ha voluto puntualizzare la sua posizione sull’aborto, “Tutti sanno che non sosterrei un divieto dell’aborto a livello federale, metterei il mio veto”.

I più e i meno del dibattito

Il dibattito è partito dalle guerre, anzi da ciò che sta accadendo in Medio Oriente: né Walz né Vance hanno risposto in modo diretto alla domanda se avallerebbero un attacco preventivo di Israele all’Iran, ma Vance ha evocato l’idea di “pace attraverso la forza” e ha attribuito alla “paura suscitata da tale forza” il fatto che Trump non abbia dovuto gestire conflitti nel suo mandato. Walz ha invece rilevato la necessità “fondamentale” di una leadership “stabile”, mentre gli alleati percepiscono la leadership di Trump come “volubile” (ricordando che ex consiglieri lo descrivono come “l’essere più imperfetto mai incontrato”).

Nella serie delle battute più efficaci, nella perorazione finale, Walz, che chiama a coalizione intorno ad Harris Taylor Swift e Dick Cheney, dice: “Trump vuole farvi sentire la paura… Kamala e io, come Franklin D, Roosevelt, pensiamo che l’unica cosa ci cui avere paura è la paura stessa…”. Vance, invece, afferma: “Ricchi e poveri in America devono potere accendere il riscaldamento, mangiare bene, avere una casa… Se non potete farlo, è colpa di Kamala Harris”.

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