Nel ricco programma di Romaeuropa Festival 2024, il concerto degli Einstürzende Neubauten ha, senza dubbio, rappresentato uno degli eventi più attesi. Possiamo affermare serenamente che non ha minimamente deluso.

Venerati nella nicchia dei colti appassionati come gruppo fondativo del cosiddetto “rock sperimentale” (definizione che lascia il tempo che trova, ma che a larghe spanne dona una vaga idea della loro ricerca), il gruppo tedesco si avvicina alla data cruciale dei cinquant’anni di carriera: eppure, la loro musica suona ancora, paradossalmente, perenne e innovativa. I loro lunghi brani, infatti, se da un lato sono composti da arrangiamenti ipermoderni, futuribili (e futuristici, visto i giocosi richiami a Marinetti durante il concerto romano), al contempo immergono l’ascoltatore in un Altrove, un regno sonoro dove il tempo ordinario è sospeso, in una dimensione quasi meditativa.

“L’Avanguardia è storica!”, tuonava beffardo Carmelo Bene dal palco del Teatro Parioli, in una puntata di “Uno contro tutti” che ha cambiato la vita a molti di noi, sottolineando la contraddizione fallimentare di legare la propria “novità” alla caducità temporanea del divenire storico; ecco, la musica degli Einstürzende Neubauten sfugge a questo impaccio, immergendosi talmente tanto nello scorrere del tempo (il crescendo parossistico è uno dei loro marchi di fabbrica), da trascenderne il limite, conducendo l’ascoltatore nella dimensione dell’Inattuale.

Alcuni cenni per i lettori che magari non conoscono la band tedesca, il cui nome già evoca sia la dimensione di atemporalità tra innovazione e declino che lo sfondo rumorista dei loro arrangiamenti (letteralmente vuol dire “nuovi edifici che crollano”): fondata nel 1980 dal carismatico front man Blixa Bargeld (all’anagrafe Christian Emmerich) e N.U. Unruh (nome d’arte di Andrew Chudy), si è presto affermata a livello internazionale come punto di riferimento della ricerca musicale ibrida tra rock, musica concreta e il cosiddetto krautrock (che tanto ebbe influenza su un genio come David Bowie, soprattutto nel periodo della famosa “trilogia berlinese”).

Come descrivere un brano degli Einstürzende Neubauten a chi non lo ha mai sentito? Difficile, perché nella loro peculiare identità musicale assomigliano soprattutto a loro stessi, ma con uno sforzo d’immaginazione potremmo ardire: immaginate un brano dei Sonic Youth, arrangiato dai Throbbing Gristle, con testi di Nick Cave, cantato da Marlene Dietrich, il tutto diretto da Luciano Berio. Ovviamente, è una definizione giocosa, in cui però si mescolano alcune delle influenze e suggestioni principali del gruppo.

Ben noto, infatti, è come il leader Blixa Bargeld sia stato uno dei pilastri dei Bad Seeds, la band che ha accompagnato Nick Cave nei suoi anni di maggiore sperimentazione, prima, e di maturo successo, dopo. In alcuni brani straordinari, come ad esempio la memorabile Lover Man, si sente fortissimo non solo la voce, ma l’influenza determinante di Bargeld nel fomentare il crescendo infernale dell’eccitazione luciferina. Giusto è ricordare anche la bellissima collaborazione di Bargeld con uno degli autori italiani più brillanti e stimati all’estero, il vulcanico Teho Teardo: l’incontro fra i due ci ha donato finora quattro dischi di rara libertà compositiva, in cui si respira il divertimento creativo di due menti geniali (Still Smiling, Spring, Nerissimo e l’EP Fall).

Il concerto romano del 1 ottobre all’Auditorium di Santa Cecilia è stato in primo luogo uno spontaneo convegno della controcultura romana, venuta puntualmente in massa per accogliere dei punti di riferimento della ricerca musicale europea. In questo contesto, non posso non citare l’artista visuale LRNZ (fraterno amico che me li fece scoprire più di trent’anni fa), che proprio a un loro brano, dalla ipnotica bellezza (Blume) si ispirò per uno dei suoi primi personaggi disegnati.

Dal punto di vista performativo, il concerto è stato lungo e generoso (circa due ore), concentrato principalmente sull’ultimo, bellissimo disco Rampen (apm: alien pop music), con qualche concessione ai “classici” del repertorio (come Sabrina). L’impatto impressionante di vedere dal vivo l’officina infernale del suono degli Einstürzende Neubauten (ricordiamo gli altri membri: Alexander Hacke al basso e ai cori, Jochen Arbeit alla chitarra e alle voci, Rudolf Moser creatore di strumenti percussivi autocostruiti) non può essere restituita a parole: scopriteli e amateli. E venite al prossimo concerto.

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