“Qualunque altro popolo sarebbe sceso in piazza a fare la rivoluzione, ma in Italia ciò non accade“, sono pressappoco le parole con cui si è espresso recentemente l’economista e storico delle disuguaglianze francese Thomas Piketty. A cosa si riferiva?

C’è l’imbarazzo della scelta, ma bastano questi tre dati forniti dall’Istat: dal 2005 al 2021 è quasi triplicato il numero di individui in povertà assoluta (da 1,9 a 5,6 milioni di persone); l’Italia è l’unico paese europeo ad aver visto diminuire il valore reale degli stipendi rispetto al 1990 (in Spagna sono aumentati del 6,2%, in Grecia di oltre il 30%, per non parlare dei paesi dell’Est Europa); si sta allargando ulteriormente la forbice delle disuguaglianze, per cui più del 20% delle persone è a rischio di povertà assoluta, mentre un sempre più ridotto numero di benestanti possiede capitali spropositati (il reddito totale delle famiglie più abbienti è 5,3 volte quello delle famiglie più povere e l’1% della
popolazione detiene il 13,6% della ricchezza totale).

A questo quadro funesto va aggiunta la cornice di una classe dirigente mediamente corrotta, selezionata attraverso criteri familistici o di cooptazione varia (l’unica alternativa al merito, anche se troppi a “sinistra” fanno finta di non intenderlo), con un ceto politico che – non pago della propria mediocrità generalizzata accompagnata a privilegi sempre più evidenti – si affanna a negare diritti alle categorie sociali più deboli, colpendole con tasse, multe e leggi ai limiti di uno stato di polizia (mentre le multinazionali non solo del web e le banche agiscono indisturbate a ogni livello).

Il risultato, a onor del vero un po’ in tutta Europa, è quello di una popolazione sempre più esasperata che sposta i propri consensi elettorali verso l’astensionismo o l’estrema destra (un mix micidiale). Hanno un bel da fare i partiti della maggioranza europea (socialisti, democratici e popolari) a imbastire improbabili ammucchiate in nome dell’antifascismo o del contrasto all’uomo nero (in Italia si chiama “campo largo”, con echi che rimandano a un certo mondo contadino che non aveva il bagno in casa…), ma se continuano a promuovere queste politiche di macelleria sociale, la salita al potere del suddetto uomo nero sarà soltanto questione di tempo.

Da questo punto di vista mi hanno colpito molto le dichiarazioni dell’ex cancelliere austriaco Vranitzky, storico leader socialdemocratico che ha portato il suo paese in Europa alla fine del secolo scorso. È di queste ore la notizia che l’Austria ha votato a maggioranza relativa il partito di ultradestra capitanato da Herbert Kickl e Vranitzky, intervistato, ha dichiarato testualmente: “Non basta non fare con lui (Kickl, nda) un governo, bisogna anche spiegare il perché per evitare il populismo”.

Una dichiarazione agghiacciante perché segnala due dati: il primo è che ancora non si è capito che il popolo votante non ha bisogno di spiegazioni, bensì di politiche eque e ispirate al benessere sociale; il secondo è che sono proprio i leader europei quelli a cui andrebbe spiegato che se le persone votano in massa i partiti di estrema destra è perché evidentemente sta montando un disagio sociale sempre più intollerabile. Poi siamo d’accordo in molti sul fatto che si tratta di un grande abbaglio, perché abbiamo già visto il capitalismo sfruttare anche la destra estrema, solo che la cosa ci costò quasi due decenni di regimi nazifascisti.

Di fronte a tutto questo dov’era e dov’è la sinistra italiana? Scende in piazza per la rivoluzione, come si chiede Piketty? Prepara un grande progetto di redistribuzione della ricchezza e costruzione di un nuovo stato sociale adeguato ai tempi odierni? Macché! Da una parte vede crollare alcuni suoi falsi miti, come il cantante stonato Fedez (ve lo ricordate quando si trattava di scegliere fra lui e Gasparri, in nome dei diritti civili offesi?), di cui sta emergendo tutto il sottoterra di affarismo cinico, di presunte connessioni con la malavita del tifo da stadio o dei picchiatori di professione. Dall’altra vede alcuni studenti assumere atteggiamenti fascisti con cui impedire a un loro collega, seppure ministro, di sostenere un esame universitario, come previsto da una Costituzione difesa a spada tratta e convenienze alterne.

Se questo deve essere il trend politico-culturale, allora è bene sapere che ci attende il baratro. Perché mentre le anime belle si affannano a spiegare al popolo il pericolo fascista, lo stesso popolo non troverà altro santo a cui votarsi che non sia il demagogo di turno. In questa fase storica anche, di nuovo, fascista.

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