Calcio

La riunione nel garage di Bellocco: così il clan pianificò l’omicidio di Beretta per prendersi gli introiti del merchandising della Curva Nord

Il 27 luglio scorso nel garage del boss Antonio Bellocco si tiene una riunione decisiva durante la qual il capo ultras dell’Inter Andrea Beretta, presente anche lui, comprende in modo chiaro che è già pronto un piano per ucciderlo. Alla basa del rancore nutrito da Bellocco vi è la gestione del negozio di merchandising e gli introiti che, a detta di Bellocco e Marco Ferdico, non sarebbero stati divisi in parti uguali. Insomma si accusa Beretta di tenersi in tasca un bel tesoretto senza dividerlo con i membri del triumvirato che controlla la curva Nord.

Anche per questo, si legge una nota integrativa all’ordinanza che ha portato all’arresto dei vertici degli ultras di Inter e Milan, Bellocco e Beretta hanno già previsto di aprire un nuovo punto vendita di materiale della curva, ma questa volta a Milano in via Casoretto. Proposta che sarà poi ritirata dopo la morte di Bellocco così come si ascolta in una intercettazione di Ferdico: “La proposta stipulata nei giorni scorsi …firmata…relativamente al negozio…alla locazione del negozio di via Casoretto… vi comunico che ci troviamo costretti a dover annullare con decorrenza immediata la proposta… poiché uno dei soci è venuto a mancare …che doveva stipulare il contratto… tragicamente scomparso…. vengono a mancare i presupposti per l’inizio di una nuova attività”.

La morte di Bellocco è però legata anche alla riunione del 27 luglio nella quale si programma l’omicidio di Beretta. Si legge nella nota: “Beretta sempre nel corso dell’interrogatorio, ha riferito anche ulteriori dettagli, ovverosia di essere, già da alcuni giorni, sottoposto a minacce da parte di Bellocco che, unitamente a Ferdico ed almeno altri complici, avevano lui rappresentato di volersi appropriare del merchandising della Curva Nord, fonte di reddito dell’assassino con il negozio ‘We Are Milano’, e di volerne avviare uno ex novo nella città di Milano. Lo stesso ha altresì dichiarato di essere già stato fatto oggetto di altri tentativi di portare a termine il suo omicidio, sempre sventati”.

Di più: “Sempre Beretta sempre in sede di interrogatorio, ha altresì rivelato di essere stato a conoscenza di un ‘piano omicidiario’ in suo pregiudizio, che sarebbe dovuto passare a vie di fatto dopo che lo stesso era stato convocato, tra giugno e luglio, a casa di Bellocco dove, all’interno dei box sottostanti l’abitazione, aveva incontrato due emissari della sua famiglia, di cui uno presentato come un latitante, che gli avevano rivolto direttamente concrete intimidazioni (sempre correlabili alla gestione del merchandising)”.

Torniamo allora alla giornata del 27 luglio in via Genova a Pioltello, indirizzo di residenza di Bellocco. Gli investigatori annotano: “Alle 10 sono arrivati in via Genova, Daniel D’Alessandro e un soggetto pelato (Domenico Sità), il quale teneva in mano un borsone di colore nero apparentemente vuoto”. Verso l’una poi arriva sul posto Salvatore Paolillo, nato a Rosarno e persona di fiducia – così scrive il pm – di Giuseppe Fabrizio, suocero di Bellocco, soprannominato il Principale. Poi alle due del pomeriggio – quindi dopo diverse ore che Bellocco e amici sono già sul posto arriva – il capo ultras dell’Inter Beretta. L’incontro dura 45 minuti. Tutti poi vengono osservati allontanarsi. Questa è stato dunque l’ultima riunione prima che scattasse, come già raccontato dal Fatto, il piano per uccidere Beretta. Non sarà così: il 4 settembre sarà Beretta a uccidere Bellocco.