Ambiente & Veleni

Paul Watson ancora in carcere: così il Giappone prosegue indisturbato la caccia alle balene

di Nadia D’Agaro

È prorogata fino al 23 ottobre la detenzione di Paul Watson nella prigione di Nuuk in Groenlandia. Riassumo per chi si fosse perso le puntate precedenti di questa vicenda che interessa la violazione dei diritti umani, secondo me, oltre al danno all’ecosistema marino.

Domenica 21 luglio Paul Watson, fondatore di Sea Shepherd e storico attivista per la difesa della fauna marina, è arrestato a Nuuk, in Groenlandia, dove la sua nave aveva appena attraccato per fare rifornimento. Esegue l’arresto la polizia danese su mandato di cattura internazionale emesso dal Giappone. La Groenlandia dal 1814 è un territorio autonomo del Regno di Danimarca. I fatti contestati a Paul Watson risalgono al 2010 e vedono l'”imputato” coinvolto in una azione di disturbo ai danni di una baleniera di “ricerca” giapponese. La caccia alle balene è vietata, ma con la scusa della ricerca scientifica, i giapponesi (usciti poi dall’IWC Commissione Internazionale per la Caccia alle Balene nel 2018), continuano a praticarla.

Inizialmente i giudici danesi si rifiutano di esaminare le prove, e non forniscono all’imputato nemmeno un traduttore. Nella seconda udienza forniscono un traduttore, ma di nuovo non esaminano le prove. Nell’ultima udienza, ci devono pensare ancora, ma sempre senza aver visionato le prove. O meglio, visionano solo le prove dei giapponesi.

L’attivista canadese-americano è accusato di aver ferito al volto un marinaio giapponese con il lancio di una ‘bomba puzzolente’ a base di acido butirrico. Secondo gli avvocati di Watson, un video dimostra che il membro dell’equipaggio rimasto ferito non era presente sul ponte della baleniera quando la bomba puzzolente è stata lanciata. “Il giudice ha accettato di guardare il filmato giapponese, ma non il nostro – ha affermato Lamya Essemlali, presidente della sezione francese di Sea Shepherd all’Agence France-Presse, agenzia di stampa francese – Eppure quel video, a differenza del nostro, non mostra dov’è caduta (la bomba puzzolente)”.

La detenzione di Paul Watson si protrae quindi fino al 23 ottobre. Ma intanto: “Justice delayed is justice denied! I’ve missed both my sons’ birthday… for what? My crime was being kind, saving lives.. doing it within the law”. C’è bisogno che traduca? “Giustizia ritardata è giustizia negata. Mi sono perso i compleanni dei miei figli (P.W. ha tre figli, i due più piccoli hanno uno tre e l’altro otto anni), in tutti i miei anni di attività di disturbo alla caccia illegale alle balene nessuno mai si è fatto male…”. Questo in sintesi il comunicato con cui ringrazia personalità internazionali che lo sostengono, come Jane Goodall, Brigitte Bardot, Sylvia Earle, Pierce Brosnan, e con cui lamenta un trattamento ingiusto, da riservare piuttosto a un delinquente.

È Paul Watson in realtà un prigioniero politico? Era un prigioniero politico Barry Horne, condannato a 18 anni di carcere – con l’accusa di terrorismo come giustificazione – senza aver mai provocato alcun danno ad essere umano, ma solo danni economici? Certo. Fu lasciato morire di fame in carcere, pur di non rispondere alla sua domanda di una inchiesta della commissione Reale Britannica (la Royal Commission) sulla sperimentazione animale nel Regno unito, come era stato promesso prima delle elezioni da Tony Blair.

E per poter riprendere indisturbati la caccia alle balene il Giappone persegue un uomo di 73 anni che in un carcere giapponese morirebbe. E per continuare la barbara tradizione del grindadráp con cui nelle isole Faroe si uccidono barbaramente i delfini, dopo averli spinti con le navi nella baia, anche la Danimarca è alleata del Giappone in questa operazione vigliacca, come sono tutte le azioni contro gli animali: l’uomo vigliacco è la prossima evoluzione, il prossimo step dell’homo sapiens, non più solo sapiente, ma sapiente e spietato.

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