Una sfida talmente singolare da sembrare quasi spiazzante. Tanto per chi è chiamato a giocarla quanto per chi proverà a seguirla in televisione. Perché la partita tra i moldavi del Petrocub e i ciprioti del Pafos FC potrebbe diventare l’incrocio fra due delle squadre con il coefficiente Uefa più basso di sempre. La numero 221 contro la numero 316. In un match che fino a un paio d’anni fa sarebbe sembrato impossibile. Soprattutto con una coppa europea in palio. La voglia di dilatare a dismisura il numero di club partecipanti, di saziare le Federcalcio locali, di riempire ogni spazio vuoto sul calendario, di spremere il prodotto fino a ottenere l’ultima goccia di succo, ha invece spinto i padroni del vapore europeo a normalizzare le eccezioni. Così stasera allo Stadio Municipale di Hîncești andrà in scena una sfida fra due entità minute che incarnano filosofie esattamente opposte. Davide contro Davide. Con (quasi) tutte le altre pronte a trasformarsi in un nuovo Golia a partire dal turno successivo.
L’anno scorso il Petrocub festeggiava, ora è a un bivio
Il Petrocub ha una storia tortuosa e travagliata. Tanto che sembra uscita da una soap opera anni Ottanta. Nato nel 1994, il club ha attraversato fallimenti e resurrezioni. Ha cambiato sedi, passando da una città a un’altra. Ma, soprattutto, ha modificato la sua denominazione ben otto volte. Prima Petroclub-Condor Sarata-Galbena. Poi Spicul Sarata-Galbena. Dopo Petrocub-Condor Sarata-Galbena. Quindi FC Hincesti. Successivamente Petrocub Sarata Galbena per poi diventare Rapid-2 Petrocub prima di tornare ancora Petrocub Sarata Galbena. Infine, nel 2015, ecco il cambio definitivo (almeno per ora) in Petrocub Hincesti. Lo scorso anno la società ha vinto un clamoroso scudetto davanti allo Sheriff Tiraspol, club che nel 2021 era diventato famoso per aver battuto il Real Madrid. Al Santiago Bernabeu. In Champions League. Ora però il presente del Petrocub è a un bivio. Dopo otto giornate la squadra ha la metà dei punti dello Sheriff (primo a quota 22), anche se con una partita in meno. Il mercato estivo è stato avaro. Di soddisfazioni. Ma anche di investimenti. Sono arrivati diversi giocatori a titolo gratuito o a parametro zero. Così come le cessioni sono state tutte a titolo gratuito o a parametro zero. Il risultato è una rosa composta per lo più da giocatori moldavi o da romeni naturalizzati (gli stranieri sono appena cinque), con un valore totale che secondo Transfermarkt si assesta sui 5.1 milioni di euro. Ossia meno del Latina in Serie C. Meno della metà della Juventus NextGen. Per arrivare al porto sicuro della Conference League il Petrocub è naufragato un paio di volte. Prima nel secondo turno delle qualificazioni per la Champions, dove è stato affondato dall’Apoel Nicosia. Poi nei preliminari di Europa League, dove si è inabissata davanti al Ludogorets. Due disfatte che hanno comunque garantito all’armata tutt’altro che invincibile un posto nella coppa di consolazione del Vecchio Continente.
Pafos, il club aperto all’internazionalizzazione
Il Pafos FC sembra rappresentare l’esatto contrario del Petrocub. Fino a diventarne la negazione. Mentre i moldavi sono ancorati al territorio e cercano quasi di portare avanti un’autarchia calcistica, i ciprioti sono totalmente aperti all’internazionalizzazione. Il legame con Cipro è esplicitato sullo scudetto del club, dove è ritratto il volto di Evagoras Pallikarides, poeta, combattente ed eroe della resistenza cipriota contro il dominio inglese. A soli 19 anni Evagoras venne fermato mentre cavalcava un asino. Solo che addosso aveva una pistola. La polizia, senza prove, affermò che il ragazzo aveva ucciso un uomo considerato un collaboratore britannico. Lui rispose di essersi comportato come un qualsiasi patriota. Così Pallikarides venne condannato a morte per impiccagione. Per il resto, però, il Pafos è particolarmente aperto ai capitali internazionali. La società è controllata dalla Total Sports Investments, un fondo «multiclub» che ha investito anche nel Riga FC, nel Rodina, nell’Auda, nell’Akritas e nello United FC Dubai. Il ruolo di direttore sportivo è stato affidato a Cristiano Giaretta, ex Udinese e Watford che ora sogna di far scalare al club cipriota posizioni nel ranking Uefa. La rosa della squadra è composta al 77% da stranieri. Ci sono un ceco, un greco, uno svedese, uno spagnolo, un olandese, un romeno, un senegalese, un marocchino, un capoverdiano, due portoghesi, due croati, tre argentini e sei brasiliani. Un elenco che sembra l’incipit di una barzelletta, ma che racconta piuttosto bene l’anima di un progetto singolare. La campagna acquisti è costata in tutto 350mila euro e si è concentrata per lo più su prestiti da grandi club: il portiere Papadoudis dall’Olympiacos, il centrale Pontelo e il centrocampista Talongo dallo Sporting Lisbona, il terzino Jonathan Silva (con un passato non esattamente brillante nella Roma) dal Getafe, il centrocampista Quina dall’Udinese, il mediano Sunjic dal Birmingham City e l’esterno alto Jajá dall’Atletico Paranaense. Il compito di trovare una quadra tattica alla squadra, già dalla passata stagione, è stato affidato a Juan Carlos Carcedo, un ex centrocampista che ha giocato con Nizza, Atletico Madrid, Leganés e Las Palmas. Proprio durante la sua militanza con i biancoblù castigliani, il mediano lega con un altro centrocampista, Unai Emery. Fra i due nasce un rapporto di profonda stima. Tanto che il basco deciderà di portarsi dietro Carcedo come vice nelle sue avventure con Almeria, Valencia, Spartak Mosca, Siviglia, PSG ed Arsenal. Il sodalizio si interrompe nel 2021, quando Juan Carlos decide di mettersi in proprio. Prima sulla panchina dell’Ibiza, con cui vince il titolo di Segunda Division B, la terza serie spagnola. Poi con il Zaragoza, dove non avrà molta fortuna. Al suo primo anno con il Pafos Carcedo è già entrato nella storia. Quella con l’iniziale minuscola. Perché per la prima volta è riuscito a guidare il club cipriota fino a una competizione Uefa. Ora però arriva la parte più difficile: fare punti, smuovere la sterminata classifica della nuova Conference League. Non un compito esattamente facile per un club che vuole smettere di guardare i rivali dal basso verso l’alto.